By Cybergeppetto
Se non si trova un congruo numero di cafoni da mettere sotto a lavorare come dei muli saranno guai. La repubblica è una cosa bella, i diritti sono una cosa che ci piace tanto, soprattutto se li pagano gli altri, ma senza soldi non si è mai detta una messa.
Quando centocinquant’anni fa i massoni, i carbonari e i politici dell’epoca s’inventarono il Regno d’Italia, potevano contare su un sacco di cafoni, sudici e puzzolenti, che si spaccavano la schiena nei campi, nelle miniere e nelle fabbriche che si stavano costruendo o che si sarebbero sviluppate di lì a poco.
Quando novant’anni fa un pugno di ex combattenti prese il potere marciando su Roma, potevano ancora contare su un sacco di cafoni, anche se ottocentomila tra loro erano morti in trincea, e che, se mai gli fosse stato dato un podere, sarebbero tornati a spaccarsi la schiena baciando mani e piedi del potente di turno.
Quando sessantacinque anni fa, dopo lotte fratricide in cui nessuno risparmiò colpi a nessuno, gli angloamericani imposero una nuova classe dirigente all’Italia, ancora vi era una buona quantità di cafoni che potevano, con il loro lavoro e il loro sudore, produrre automobili, coltivare i pomodori, mungere il latte e fare un sacco di altre belle cosette.
Quando quest’estate è emerso chiaramente che eravamo sull’orlo del baratro, tutti hanno cominciato a pontificare che non erano loro a dover pagare, i cafoni erano finiti.
Per un pirla che pontifica, incluso lo scrivente, ci vuole almeno un cafone che lavori il doppio. Per un pensionato che è andato via tra i quaranta e i cinquant’anni, ci vuole un cafone che lavori anche per lui. Per uno studente che occupa la scuola ci vogliono tre cafoni che lavorano il doppio per mantenere lui, il suo insegnante e il suo supplente.
Si potrebbe andare avanti all’infinito.
E’ chiaro a tutti che i cafoni sono ormai estinti, siamo tutti belli e pasciuti, pieni di abiti firmati, abbiamo quasi tutti l’auto con il condizionatore e con gli alza cristalli elettrici, siamo abbronzati, pieni di tatuaggi etnici e di cellulari fantascientifici che sappiamo pagare, ma non usare.
Ci vuole qualche cafone che mantenga tutto questo circo, qualcuno che non abbia velleità filosofiche, qualcuno che accetti di lavorare per garantire i “diritti acquisiti”, quelli che non verranno mai garantiti alle nuove generazioni alle quali spetterà, nuovamente, il ruolo di cafoni del futuro.
Si, abbiamo tamponato la situazione con il debito, ma se in Germania i cafoni vanno in pensione a 67 anni, fra poco a 69, dovremo farcene una ragione: o troviamo dei cafoni anche noi, o siamo perduti.
Chi non è d’accordo tiri pure fuori dall’armadio il suo eskimo, anche se puzza di naftalina va sempre bene per qualche sciopero post-litteram, scriva sui muri “potere a chi lavora”, sarà per questo che il potere in Italia non esiste più.
Cybergeppetto
p.s. Un bando di concorso per “cesellatori di zolla” è andato deserto, i cafoni che avrebbero potuto parteciparvi erano tutti su internet ad acquistare bond greci il cui rendimento è molto elevato.
La locandina è del blog La Classe Operaia