Lug 12, 2011
627 Views
0 0

La peste finanziaria e i suoi monatti

Written by

By Cybergeppetto

In questi giorni di pressione dei mercati sui titoli di stato si assiste a fenomeni curiosi.

I politici che si sono sfidati a cazzotti ogni santo giorno si danno improvvisamente a dichiarazioni di unità in difesa dello Stato minacciato da oscuri individui, gli speculatori finanziari.

Pare che vi siano dei monatti in giro che si portano via i corpi morti di alcune economie europee e che lancino stracci contaminati alla gente, pare di leggere le pagine del Manzoni sulla peste a Milano.

Ho provato a capire chi siano e come agiscano questi novelli untori dell’evo contemporaneo, ma c’è più di una cosa che non quadra: solo pochi giorni fa si discuteva di come fare la finanziaria per ridurre il debito pubblico e arrivare al pareggio di bilancio e tutti insorgevano perché i tagli paventati apparivano troppo pesanti.

Qualcuno che protesta c’è sempre, anche ad Atene ce n’è qualcuno. Il dibattito poi s’infiamma subito quando si tratta di avere o non avere dei soldi; altra cosa è quando bisogna pagare i debiti: tutti quanti hanno lasciato il portafogli a casa.

Chi ha qualche anno in più si ricorda che negli anni Settanta l’Italia ruzzolò per la china del debito: bisognava dare la pensione a tutti, c’era il baby boom e bastava far pagare tutto a chi ancora doveva venire, i giovani. Bisognava tenere in piedi industrie decotte, per non parlare del sistema delle famigerate partecipazioni statali, uno dei misfatti più vergognosi in danno della nostra economia.

Sindacalisti, politici, galoppini e portaborse, funzionari di partito, teppisti in servizio permanente effettivo, anarco-cretini troppo stupidi per lavorare, ma lesti ad acchiappare quel che capitava a tiro, ognuno voleva il suo pizzo ed allora i parlamentari si accapigliavano in discussioni sulla legge finanziaria – si chiamava “assalto alla diligenza” – che servivano a una cosa sola: sfamare le bocche di coloro che avevano votato e pretendevano un corrispettivo, come se votare fosse un lavoro da retribuire.

Lo Stato distribuiva i BOT, i buoni ordinari del Tesoro, che altro non erano che delle cambiali sempre più in bianco; avere un prestito era ben difficile, la gente metteva i suoi soldi solo nei BOT.

Tra le bombe e le pistolettate degli anni Ottanta la cosa andò avanti fino a quando il sistema non fu sul punto di crollare e qualcuno s’inventò un “prelievo una tantum” per evitare il “default”, parola anglosassone per dire fallimento.

Di tutto si parla in politica tranne che del debito, il popolo e i suoi rappresentanti pensano che governare sia l’arte di ripartire le risorse pubbliche per fornire servizi, ma questa è storia vecchia.

Governare ormai da più di vent’anni vuol dire far finta di dar qualcosa a tutti quelli che pretendono, e siamo in tanti, e lambiccarsi il cervello per non far aumentare il debito.

Vuoi vedere che la colpa non è dei monatti, ma di noi che ci siamo messi in mano agli strozzini? Se il rischio sui nostri titoli di stato è alto, allora è alto anche il prezzo che lo Stato paga per collocarli … e Pantalone paga… anzi, Pantalone, cioè le generazioni future, pagherà…

Cybergeppetto

p.s. La RAI rimanderà in onda un famoso sketch su Andreotti degli anni Settanta che, per combattere il carovita, aveva inventato una banconota che valeva diecimila lire da una parte e centomila lire dall’altra: state attenti a prenderla dalla parte giusta e poi voltarla a vostro favore.

Luciano Onder farà una trasmissione sui sintomi della sindrome dello speculatore, male oscuro di chi presta i soldi agli Stati falliti.

La vignetta è di Lino Casadei

Article Categories:
Inchiostro antipatico