By Sugar Lady
Da una parte l’ultrà serbo, che aveva terrorizzato i celerini alla partita Italia-Serbia del 12 ottobre 2010. Dall’altra il nazionalista fino a ieri più ricercato dei Balcani.
Ma mentre Ivan-dalle-cesoie Bogdanov scoppia di salute, con i suoi muscoloni da maschio riproduttore in fase testosteronica acuta, Ratko Mladić invece no.
Ha un braccio paralizzato e dalla reverenza dei suoi 69 anni compiuti lo scorso 12 marzo ha chiesto a un suo vicino di casa di dargli una mano a vestirsi, prima che gli uomini della BIA se lo portassero via. E poi s’è cacciato in testa il cappellino con la visiera per una foto di rito.
Gli resta forse poco da vivere lucidamente. Di sicuro niente se si pensa al Ratko vibrante di una volta che ora non c’è più. Il suo tempo è ormai andato. Passato in un lampo, in fondo, esattamente come il momento di gloria di quell’Ivan-dalle-cesoie, che dopo aver esibito per un’oretta bicipiti e tatuaggi se ne è andato in questura a smaltire i suoi fumi di birra.
Non è che il presidente serbo Boris Tadić abbia fatto un granché di elargizione, arrestando Ratko. Il vecchio generale viveva da solo e forse aveva bisogno di una badante, dato che ha una demenza senile incombente visto che non riesce neppure a rispondere al suo avvocato.
Perché dunque non fargli un favore, al leone ormai rauco, consegnandolo alla giustizia con tanto di squillo di tromba?
Tanto più che questo è il biglietto per l’ingresso in Europa e vale come buono per un sorriso a sessantaquattro denti della Ashton.
Per il filoeuropeista Tadić praticamente un colpaccio. E al momento più opportuno: prima che il generale muoia per morte naturale e ancora prima che l’Europa affondi del tutto, zavorrata dall’euro.
Sugar Lady
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