Sono attesi oggi 23 maggio in un clima di aperta tensione i quindici rappresentanti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu intenzionati a vedere di persona la situazione sul terreno in Abyei.
La regione è ricca di petrolio nel sottosuolo e risulta a tutt’oggi contesa tra il nord e il sud del Sudan, quest’ultimo indipendente da fine gennaio per espressione popolare unanime.
Ormai da cinque mesi la popolazione dell’Abyei aspetta di poter esprimere tramite referendum la propria preferenza tra l’annessione al nord del Sudan o al Sud Sudan, trovandosi proprio lungo il confine dei due stati. Il referendum è subordinato alla definizione degli aventi diritto al voto: se la tribù araba nomade dei Misseriya, come vorrebbe il governo di Khartoum, o la tribù stanziale dei Dinka Ngok, come invece preferirebbe il Sud Sudan.
Dopo l’uccisione di quattro peacekeeper della missione Onu in Sudan (UNMIS) avvenuta lo scorso 10 maggio, dopo gli appelli alla calma da parte di Stati Uniti e Unione Africana, dopo la fuga di civili dall’area in essere dai primi di marzo e dopo il posizionamento dell’esercito del governo del nord del Sudan rilevato dai satelliti fino dallo scorso 14 marzo, una delegazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu visita oggi 23 maggio l’area contesa scenario di violenze crescenti.
Giovedì scorso 19 maggio il governo del Sud Sudan (GoSS) ha fatto appello alla calma chiedendo di accogliere in modo rispettoso i rappresentanti delle Nazioni Unite, che nella loro visita incontreranno non solo il personale di UNMIS ma anche le autorità locali e le organizzazioni e i gruppi civili, come si apprende dal Sudan Tribune.
Intanto sabato 21 maggio gli Stati Uniti hanno condannato l’offensiva condotta dall’esercito del nord del Sudan in Abyei chiedendone l’immediato ritiro, deplorando anche il decreto del presidente Omar al-Bashir che ha di fatto dissolto l’amministrazione dell’Abyei.
Nel frattempo l’esercito governativo del nord del Sudan aveva accusato l’esercito del Sud Sudan dell’uccisione di 22 dei suoi soldati nel corso di un attacco armato ai loro danni.
Mentre continua il rimpallo di accuse, la popolazione civile continua a fuggire in massa da una regione dove neppure i Medici senza Frontiere riescono a proseguire la loro attività sanitaria.
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Fonte: Sudan Tribune, Ansa
Foto: AP/Sudan Tribune