By Mithra (LZ Scale Modeling)
Nel 1942 a seguito del successo riscontrato dagli StuG III in servizio nella Wermacht, l’Alto Comando dell’Armata Rossa decise di sviluppare una serie di mezzi ispirati al concetto tedesco per equipaggiare le proprie unità.
Il progetto prevedeva di installare un pezzo di artiglieria in casamatta, sullo scafo di un mezzo già in servizio, riducendo in tal modo sia la difficoltà di realizzazione, sia i costi di produzione e facilitando notevolmente l’intera catena logistica.
Vennero così prodotte tre linee differenti di mezzi similari adattando gli scafi dei principali carri armati in produzione a specifici materiali di artiglieria a traino. Tale combinazione diede vita all’SU-76 su scafo del carro leggero T-70, all’SU-122 su scafo del carro T-34 e all’SU-152 su scafo del carro KV1. Due erano i ruoli che tali mezzi dovevano ricoprire: il principale era quello di cannone di assalto in supporto alla fanteria, mentre quello secondario era la funzione anticarro.
I risultati nei tre casi furono corrispondenti alle aspettative anche se non possono essere considerati realizzazioni eccellenti; svolsero il ruolo per il quale erano stati progettati ma non ebbero una vita operativa particolarmente longeva, in quanto il concetto operativo di impiego non sopravvisse al termine del secondo conflitto mondiale.
La nostra attenzione si focalizza sull’SU-122 poiché rappresenta, dei tre, quello che ha comportato da un punto di vista tecnico il binomio artiglieria-scafo più riuscito.
Infatti, il progetto prevedeva di installare l’ottimo obice M-30 da 122 mm sullo scafo del carro medio T-34. Entrambe le componenti risultavano essere di concezione tecnica avanzata, di rendimento affidabile e disponibili in numero elevato.
Nonostante queste premesse il mezzo non risultò privo di difetti di carattere tecnico operativo, quali la scarsa elevazione dell’obice, la mancanza di ventilazione interna alla camera di combattimento, una limitazione della mobilità data dall’aumento del peso della corazzatura della casamatta, il munizionamento perforante non adeguato e la limitata composizione dell’equipaggio che imponeva al capocarro di concorrere nelle operazioni di caricamento del pezzo.
Entrato in servizio all’inizio del 1943 avrà una vita operativa intensa ma di breve durata, venendo sostituito nei reggimenti dai nuovi ISU-122 e SU-85 a metà del 1944.
Nel complesso l’SU-122 risultò essere un progetto concettualmente riuscito e consentì all’Armata Rossa di disporre di un materiale di artiglieria semovente in grado di tenere il passo con la componente corazzata, fornendo un supporto di fuoco adeguato alla fanteria, in grado di controbilanciare con successo lo strumento avversario durante le fasi dinamiche che caratterizzarono le operazioni sovietiche dal 1943 sino al termine della guerra.
E veniamo al modello. La scelta è caduta sul kit della Tamiya (Russian Tank Destroyer SU-122, MM193 del 1976), per le seguenti ragioni: volevo realizzare un mezzo russo che si prestasse a sperimentare e migliorare alcune tecniche di colorazione, che potesse essere ambientato un contesto invernale e di costi contenuti. Quindi, dopo una ricerca sui siti di fiducia, ho acquistato il venerabile kit Tamiya in Giappone (costo più spedizione assolutamente concorrenziali rispetto al mercato europeo).
Aprendo la scatola mi sono ritrovato immerso in lontane esperienze modellistiche: quattro stampate in verde oliva, precise e perfette (come da Tamiya ci si aspetta), piccolo foglio di decal, doppie istruzioni (giapponese e inglese), cingoli in gomma, ma soprattutto il mezzo è predisposto per la motorizzazione come si usava al tempo! No fotoincisioni, cavi di traino in metallo o particolari aftermarket aggiuntivi.
Esaminando il modello possiamo apprezzare un buon livello complessivo dei dettagli, che riproducono correttamente le forme del mezzo; ovviamente non ci sono particolari interni (doveva essere motorizzato!!!) e manca qualsiasi attrezzatura o carico esterno che possa dare un po’ di vita alla realizzazione finale.
È presente un figurino intero di discreta fattura che rappresenta l’unica nota di colore per provare a dare un accenno di movimento. I cingoli in vinile sono un vero pezzo vintage e, nonostante una attenta colorazione e un abbondante invecchiamento ne possano occultare in parte i difetti, alla fine rimangono sempre l’elemento identificativo principale che colloca il kit nel medioevo del modellismo.
Il montaggio è scandito da una sequenza semplice e lineare e non presenta nessuna difficoltà. Vista la semplicità delle forme e la sobrietà tipicamente sovietica rimane poco spazio per dedicarsi al super dettaglio.
Comunque sia, tanto per non perdere l’abitudine, ho provveduto ad apportare alcune piccole modifiche. Dopo aver ricoperto le aperture nello scafo che consentivano la realizzazione della motorizzazione, mi sono concentrato sull’aspetto esterno della casamatta. Dato che era realizzata per saldatura di lastre ottenute per fusione, ho provveduto a esaltare la rugosità della superficie utilizzando una miscela di stucco (Basic Putty Tamiya e Tamiya Cement) stesa in uno strato sottile, picchiettato con pennello e leggermente carteggiato per ricreare l’effetto della fusione.
Successivamente ho ricreato le linee di fusione tra le piastre con stucco bicomponente (Green Stuff) e in ultimo sono state rimarcate le line di tagliatura delle piastre della casamatta. I parafanghi sono stati assottigliati e a quello di destra sono stati apportati numerosi danni. Sono stati ricostruiti anche le parti mancanti tra lo scafo e la casamatta sotto i parafanghi (particolare comune nei modelli Tamiya).
Due dei fusti ausiliari per il carburante sono stati eliminati lasciando il posto al classico tronco d’albero utile per uscire da situazioni difficili.
Come ultima aggiunta ho riprodotto l’effetto di alcun i danni causati dal fuoco nemico sulla piastra frontale (minidrill e stucco). Questo è tutto, infatti, come accennato volevo concentrarmi sulla verniciatura e sull’ambientazione.
E veniamo al dunque!!!!
La scelta del colore di base, data la mancanza di creatività in fatto di mimetizzazione che caratterizza il mondo sovietico, ha previsto obbligatoriamente una livrea monocolore verde. Dopo un primer nero (NATO Black FX-69) sono stati usati una miscela di colori (Tamiya J.N.Green XF-11, NATO Green XF-67, Yellow Green XF-4 e AK Light Green RC028) per riprodurre differenti sfumature sul mezzo. Non sono un fan della tecnica di Color Modulation che tanto va per la maggiore, in quanto ritengo che sia un artificio artistico che snatura la riproduzione del colore di un mezzo, conferendo un aspetto poco realistico e vanificando il risultato nel processo di weathering che segue la realizzazione della verniciatura.
Per conferire un aspetto più corrispondente a quello che ritengo debba essere la verniciatura di un mezzo corazzato, ho applicato mani di colore molto diluito e steso ad aerografo con la tecnica della marmorizzazione, quindi, sfruttando le caratteristiche di diluibilità dei colori acrilici con un pennello inumidito d’acqua e molta pazienza, ho provveduto a raggiungere gli effetti di colorazione voluti esaltando i particolari e sfumando i differenti colori impiegati.
Finita questa prima fase sono passato all’elemento principale del mio progetto: migliorare l’uso dei colori a olio.
Uso questa tecnica per riprodurre tutti gli effetti possibili: polvere, sporco, graffi, usura, ruggine, macchie di grasso, di unto, d’olio e così via. Esistono innumerevoli prodotti di ottima qualità sul mercato per riprodurre tali effetti e sono sicuramente validi e precisi, ma la flessibilità e la precisione che l’uso dei colori a olio conferisce sono, a mio avviso, incomparabili.
È vero, richiedono una capacità di lavorazione e una dedizione in termini di ore di lavoro per poterli dominare che sono notevoli (ed è per questo che cerco di esercitarmi continuamente), ma i risultati sono assolutamente eccellenti. Non significa che i prodotti specifici debbano essere cestinati e messi da parte assolutamente, possono essere dei complementi utilissimi in supporto del lavoro a olio.
Quindi, il primo layer di weathering è stato apportato con l’uso di una palette ampia di colori a olio (Winsor e Newton, Rembrandt, Van Ghog, Grumbacher, Liquitex, 502 Abteilung) e di pigmenti per lo scafo e il treno di rotolamento. Successivamente ho applicato del bianco per riprodurre la mimetizzazione invernale applicata a mano dagli equipaggi per uniformare le sagome di mezzi al paesaggio innevato; per riprodurre questo effetto ho usato l’ottimo Mig Washable White Camo (AMig 0024) aerografato e lavorato successivamente con acqua e pennello.
A seguire, ulteriore applicazione di weathering con la palette dell’olio. Il concetto principale consiste nell’applicare strati differenti che riproducano l’accumulo della polvere e dello sporco, l’usura data dagli agenti esterni e dall’uso da parte dell’equipaggio, costruendo quegli effetti che sono peculiari di un mezzo in condizioni operative reali.
Per l’ambientazione ho cercato di riprodurre le condizioni estreme di un SU-122 in ambiente innevato secondo una fotografia trovata in rete. Come base ho utilizzato una corteccia di pino che mio figlio aveva ricavato dal taglio di un tronco d’albero, ricoperta di muschio e licheni naturali. Li ho fatti essiccare per parecchie settimane e poi ho stabilizzato il tutto con uno spray trasparente applicato in strati sottili e numerosi. Questo trattamento ha permesso la conservazione della corteccia e delle piante senza alterarne i colori e le forme soffici del muschio.
L’incavo è stato riempito con pezzetti di polistirolo per mantenerlo leggero e uno strato di DAS per la superficie di appoggio del mezzo. La vegetazione è stata composta utilizzando esclusivamente, materiale naturale trattato come descritto prima.
La neve è stata riprodotta utilizzando dei prodotti specifici (Woodlan Scenic, Soft Flake Snow SN-140 e AK Snow Microballons AK8010) fissati con white spirit. Altro ritocco con l’olio per sottolineare qualche particolare e poi l’aggiunta di una bandiera rossa al vento ha completato il tutto conferendo un tocco di colore e di interesse al modello.
In conclusione, un modello piacevole quello Tamiya, semplice, che non ha richiesto lavori eccessivi per trasformarsi in una accettabile replica di questo semovente sovietico. La cosa più interessante e più soddisfacente è stata quella di poter disporre di un banco di prova complesso e impegnativo che mi ha offerto l’opportunità di migliorare le mie capacità nell’uso dei colori a olio applicati al modellismo.
Buon modellismo a tutti e arrivederci al prossimo progetto!
Mithra
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