Mentre ormai è chiaro al 98,83% che il sud del Sudan – a maggioranza cristiana – ha scelto la secessione dal nord – a maggioranza musulmana – nel referendum dello scorso gennaio, ora l’attenzione si sposta su una nuova richiesta di espressione popolare. Molto più critica della precedente.
Come già sottolineato in precedenti articoli, la scelta di indipendenza del Sud Sudan implica la chiamata al voto della regione petrolifera dell’Abyei, una zona incastonata tra il nord e il sud del paese che dovrà scegliere a questo punto se annettersi al governo di Khartoum o a quello di Juba.
Popolato da gente del sud, fatta trasferire nell’area nel 1905 al fine di proteggere i pastori Ngok Dinka dai continui attacchi dei nomadi arabi Misseriya, la regione non sarebbe mai stata delineata per l’opposizione del National Congress Party (NCP), il partito islamico nazionalista al potere, in quanto ricchissima di petrolio e quindi strategicamente rilevante.
In più, spiega Biong Deng nel suo articolo, l’NCP, il cui leader è il presidente sudanese Omar al-Bashir, avrebbe utilizzato gli arabi Misseriya per contrastare la guerriglia nel sud, creando così l’aspettativa della tribù nomade di veder ripagata la rinuncia a unirsi alla guerriglia del Darfur con il possesso dell’intera regione dell’Abyei.
“La tensione in Abyei è alta”, scrive Biong Deng, “e se le cose non si risolvono prima della scadenza degli accordi di pace in luglio, allora c’è il rischio di un nuovo conflitto tra nord e sud”.
Non è tutto qui, però.
L’altro scenario destabilizzante che si apre dopo la dichiarazione di indipendenza del sud del Sudan è la volontà di autodeterminazione delle regioni africane limitrofe.
Biong Deng ci ricorda che anche il Darfur, le Nuba Mountains, l’est del Sudan e la regione del Blue Nile potrebbero decidere di intraprendere una battaglia per affermare le proprie velleità secessioniste.
E dietro tutto questo “ci sono voci sempre più consistenti da parte islamica estremista che ciò che resta del Sudan venga ridefinito in un’ottica arabo-islamica”, fa sapere Biong Deng.
Una prospettiva che richiede di essere letta in un’ottica strategica non prima di essere stata messa in sistema con gli sviluppi della situazione in Egitto, la nazione in subbuglio che confina con il nord del Sudan.
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Fonte: guardian.co.uk, southernsudan2011.com
Foto: enoughproject.org