Il presidente americano Barack Obama ha annunciato ieri sera al mondo la fine della missione militare americana in Iraq, Operation Iraqi Freedom, facendo espresso riferimento al lungo e doloroso periodo di recessione economica di fronte a cui si è trovata l’America nell’ultimo periodo: “I know this historic moment comes at a time of great uncertainty for many Americans. We’ve now been through nearly a decade of war. We’ve endured a long and painful recession”.
Per la prima volta, verrebbe da dire, la minaccia economica è più forte di quella terroristica. Sì, per carità, il motivo della spesa non più sostenibile è sensato. Anche se suona un po’ da presa in giro per i soldati che dall’Iraq non sono più tornati se non dentro un sacchetto di plastica. O per gli iracheni che si aspettavano qualcosa di più che venire abbandonati mentre non hanno ancora una stabilità governativa, tanto per cominciare.
E poi, a ben guardare, in Iraq restano ancora 50mila soldati. Più una fase di transizione che una fine missione, come del resto dice lo stesso presidente nel corso del suo annuncio dalla Sala Ovale della Casa Bianca.
Ma è venuto il momento di girare pagina. E sono parole testuali. E’ l’ora di pensare un po’ per casa propria dopo anni di interessamento filantropico per la difesa dei diritti umani sulla Terra.
Colpa della recessione, quella crisi che ha fortemente penalizzato soprattutto la classe media. Nel discorso presidenziale c’è un ampio riferimento alle difficoltà economiche sofferte dagli americani, a partire dalle famiglie di ceto medio – che si sono trovate a dover lavorare sempre più duramente ottenendo sempre meno – fino alla nazione intera, minacciata nella sua competitività.
Il messaggio di Obama è chiaro: ora bisogna pensare alla propria prosperità e finire con la dipendenza dal petrolio straniero. Ottimi e ambiziosi propositi, con un tocco di demagogia.
Fonte: American Rethoric
Foto: Los Angeles Times – Nicholas Kamm/AFP/Getty Images