By Rachele Magro – Articoli AMD Staff
Articolo pubblicato il 19 giugno sul sito dell’Altra metà della Divisa (AMD) con il titolo Facciamo il punto: Uno screening sui sintomi associati al trauma. – di Rachele Maria Magro
“Incontrando tante persone nel mio percorso professionale, ho scoperto che quando si parla di questo disturbo emergono diversi aggravanti al già precedente trauma che la persona ha subito, in primis la scarsa conoscenza della problematica e la difficoltà a chiedere aiuto.
Ho sempre sostenuto che intervenire precocemente è la migliore soluzione possibile e ancor prima che il disturbo si verifichi si può creare un buon cuscinetto nella preparazione e nell’addestramento.
Una delle frasi che ho ascoltato più volte e ho con piacere riproposto a chi seguiva i miei corsi è ‘Prepara te stesso a vivere gli eventi peggiori che tu possa immaginare, preparati ad essere turbato, dilaniato, ferito e spaventato’. Per questo, soprattutto nella formazione di alcune figure professionali, sono stata criticata, ma ad oggi lo affermo ancor con più forza, dopo aver incontrato nel mio cammino formativo personaggi di esperienza mondiale come Dave Grossman.
Penso che ci voglia più informazione e mentre mi confrontavo con colleghi che lavorano oltre i nostri confini ho pensato che ci manca qualcosa, come il confronto reale e quotidiano con chi gli eventi critici li vive quotidianamente. Prendendo pertanto spunto dal lavoro dello US Department of Veterans Affairs vorrei provare ad aprire insieme una piccola finestra per aiutare chi si trova di fronte a un evento traumatico e chiederci insieme se ha bisogno o meno di iniziare un percorso terapeutico.
E quindi vorrei rivolgermi proprio a te, a te che pensi di soffrire di un disturbo post traumatico (che d’ora in poi chiameremo per brevità DPTS) e valutare insieme se sia importante prendere in considerazione la possibilità di parlarne con un professionista.
Partendo dal presupposto che solo un professionista preparato può determinare se hai un disturbo di questo tipo, ti consiglio, se pensi di soffrirne, di parlane a un professionista della salute mentale o, se proprio non te la senti, puoi inizialmente rivolgerti al tuo medico che saprà indicartene uno. Il trattamento può migliorare i tuoi sintomi e soprattutto un intervento precocemente iniziato potrebbe aiutarti soprattutto a ridurre i sintomi a lungo termine.
Se pensi di avere un DPTS:
– Parlane al tuo medico di famiglia;
– Parlane a un professionista di salute mentale, come uno psicologo, uno psicoterapeuta o uno psichiatra;
– Se sei un militare contatta il medico della tua base e confrontati con lui;
– Parlane a un amico fidato o a un familiare, potrebbe sostenerti e aiutarti a trovare un aiuto;
– Riempi un questionario per lo screening del disturbo post traumatico. Sul web puoi trovare diversi siti in cui trovi domande utili per un iniziale screening: potrai trovare anche le parole giuste per parlare del tuo trauma con lo specialista riuscendo pertanto a definirne appropriatamente i sintomi.
Uno screen è una serie breve di domande per capire se è probabile che tu possa avere il DPTS .
Facciamo una prova: queste domande che trovi di seguito sono applicabili a qualunque tipo di trauma non necessariamente collegate ad esperienze militari.
Facciamolo insieme.
Se nella tua vita si è mai verificata qualunque esperienza spaventosa, orribile o sconvolgente, prendi in considerazione il mese passato e valuta se:
- Hai avuto degli incubi o il pensiero ossessivo e intrusivo su di esso?
- Hai provato difficoltà a non pensare ad esso o hai cercato di evitare delle situazioni che di ricordavano l’evento?
- Sei stato costantemente irritabile, iper vigile o facilmente spaventato?
- Ti senti intorpidito o distaccato dagli altri o dalle attività in generale?
Se hai risposto “sì” a qualunque delle tre domande, potrai valutare la necessità di prendere contatto con uno specialista per un approfondimento. Potresti anche svolgere dei colloqui iniziali ed effettuare dei test per il DPTS più approfonditi e valutarli insieme allo specialista.
Molte persone hanno paura di chiedere aiuto: una su cinque dice che non può chiedere aiuto a causa di ciò che le altre persone potrebbero pensare; trovano infinite scuse per non iniziare mai un percorso terapeutico. Una su di tre persone dice che non vorrebbe far sapere a nessuno che va in terapia. Uno studio che è stato fatto su soldati in ritorno dall’Iraq ha riscontrato che solo 4 su 10 membri chiederebbero aiuto e alcune delle motivazioni più comuni che hanno dato erano che potrebbero essere considerati fragili o che ciò potrebbe incidere sulla loro carriera militare.
Perché cercare aiuto allora? Ecco qui alcune delle ragioni per cui chiedere aiuto:
I sintomi del DPTS potrebbero peggiorare. Trattare il disturbo precocemente potrebbe aiutare a impedire un futuro peggioramento. Scoprire quali sono le terapie migliori, dove chiedere aiuto e che tipo di domande fare può rendere più facile ottenere il giusto supporto e quindi avere i risultati migliori.
I sintomi del DPTS possono cambiare la vita familiare: potrebbe verificarsi un tentativo di allontanamento anche emotivo dalle persone che amiamo, continui conflitti e manifestare rabbia fino a sviluppare reazioni violente incontrollabili. La cura per il DPTS può di conseguenza avere effetti sul ripristino dell’equilibrio familiare dopo il rientro da una missione molto difficile.
I sintomi del DPTS possono essere correlati ad altri sintomi e aggravare i problemi di salute: alcuni studi hanno mostrato un rapporto tra DPTS e disturbi cardiaci.
Potrebbe accadere inoltre che alcuni sintomi del DPTS non necessariamente siano legati a questo specifico disturbo, in quanto alcuni di essi sono associabili ad altri disturbi mentali. Per esempio, la difficoltà di concentrazione o la sensazione di essere meno interessato alle attività che prima ci piacevano tanto può essere espressione di uno stato depressivo o di un DPTS. Poiché i problemi diversi hanno dei trattamenti diversi, è importante valutare i sintomi nella loro globalità. La diagnosi è generalmente fatta da un professionista di salute mentale da uno psichiatra o uno psicologo in quali hanno una formazione specifica per valutare i problemi psicologici.
Cosa puoi fare tu?
Se non vuoi iniziare un percorso terapeutico, ma senti che alcuni di questi sintomi ti appartengono , potresti scegliere quella che viene chiamata l’ “attesa vigile”, che consiste in un periodo di autovalutazione del proprio stato di salute mentale ed emotivo, anche con il nostro supporto online facendo riferimento allo sportello che la nostra Associazione ti mette a disposizione. Se durante questo periodo i sintomi si attenuano fino a scomparire allora forse è stato solo un periodo di forte stress. Se i tuoi sintomi non migliorano dopo tre mesi ma diventano causa di preoccupazione o incidono sulla tua vita privata e lavorativa allora è necessario che tu ti rivolga a un professionista di salute. In quest’ultimo caso i tuoi sintomi potrebbero essere così gravi da richiedere un aiuto immediato.
Non temere di chiederci aiuto, di rivolgerti a noi per qualsiasi dubbio o approfondimento, siamo qui per questo e saremo onorati di poterti accompagnare e sostenere in un periodo difficile della tua vita”.
Rachele Magro
Fonte US Department of Veterans Affairs (http://www.va.gov/)
Foto: Battle in Distress