Cap.2.3.1 della tesi “Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente” (M.Antollovich)
La Georgia nel Caos: il ruolo di Edward Shevardnadze. La guerra in Ossezia del Sud
Durante la prima metà degli Anni Novanta la guerra civile, il conflitto in Ossezia del Sud e la guerra in Abcasia portarono la Georgia al tracollo finanziario e politico: i triumviri si resero da subito conto della gravità della situazione e richiamarono in patria l’unica personalità che potesse risollevare le sorti del paese: Edward Shevardnadze che, dopo essere stato Primo Segretario del Partito Comunista Georgiano dal 1972 al 1985, era stato nominato Ministro degli Esteri dell’ Unione Sovietica nel 1985, sostituendo Gromyko durante la presidenza Gorbaciov.
Ma quali furono gli eventi che trasformarono degli attriti tra poteri regionali e poteri centrali in una vera e propria guerra e quale, in questo contesto, il ruolo di un personaggio carismatico come Shevardnadze?
La guerra in Ossezia del Sud
Dopo la mobilitazione organizzata da Gamsakhurdia in favore dell’integrità della Repubblica Georgiana e delle minoranze georgiane in territorio, il parlamento varò una legge per l’abrogazione dello status di Oblast autonomo dell’Ossezia del Sud, dichiarando, inoltre, lo stato di emergenza.
La politica del pugno di ferro promossa da Tbilisi non lasciava spazio a mediazioni di sorta e, da subito, la situazione degenerò in conflitto aperto: durante il gennaio 1991, le forze georgiane e ossete combatterono ininterrottamente per venti giorni a Tskhinvali e nelle zone limitrofe.
L’Ossezia del Sud, arroccata trai monti del Caucaso, era composta da una moltitudine di piccoli villaggi, alcuni dei quali a forte maggioranza georgiana. La “capitale”, a maggioranza osseta, era circondata da villaggi etnicamente georgiani, che controllavano ben tre delle quattro strade che portavano a Tskhinvali. Allo stesso modo la milizia irregolare osseta non ebbe difficoltà a isolare i restanti villaggi georgiani dalla madrepatria durante gli scontri.
Il cambio di regime e il colpo di stato spinsero le élites ossete a indire un referendum per l’indipendenza, approfittando dell’apparente vuoto di potere creatosi a Tbilisi: il 99% della popolazione votò per l’indipendenza dalla Georgia e l’annessione all’Ossezia del Nord e quindi alla Federazione Russa. (D’ ora in poi la componente georgiana all’ interno dell’ Ossezia del Sud si asterrà dal votare per le questioni interne dell’ Ossezia, intesa come entità indipendente. Allo stesso modo la popolazione osseta non parteciperà alle votazioni che verranno indette direttamente da Tbilisi. Il 99%, più che una maggioranza bulgara, rappresenta il voto di circa 2/3 della popolazione, con 1/3 astenuto).
L’esercito georgiano reagì a quello che dalla maggior parte della popolazione veniva considerato come un affronto con un aumento della violenza, anche sulla popolazione civile.
Nonostante le manifestazioni a favore della popolazione osseta in tutto il Nord Caucaso russo, in particolare a Vladikavkaz, capitale dell’ Ossezia del Nord. Gorbaciov rimase sempre contrario all’intervento diretto, politica che adottò in principio anche il suo successore Eltsin.
Le popolazioni del nord Caucaso avevano infatti appoggiato il colpo di stato d’agosto, rendendosi invise alla dirigenza russa.
Con l’arrivo di Shevardnadze nel marzo del 1992 la situazione cominciò lentamente a cambiare: il nuovo presidente espresse concreto sconcerto per ciò che stava avvenendo, impegnandosi a cercare un accordo con la controparte. Tuttavia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, interi arsenali vennero abbandonati e furono riutilizzati da entrambe le parti per cercare di prendere il sopravvento.
Con il trattato di Tashkent, siglato il 15 maggio 1992, le ex-repubbliche sovietiche riceveranno parte degli armamenti una volta in possesso dell’ esercito comune, l’ Armata Rossa, sotto il comando di Mosca. La Georgia riceverà 100 carri armati e più di 200 blindati.
La milizia osseta inoltre veniva periodicamente rifornita di armi, blindati e munizioni attraverso il Tunnel Roccioso (unico passaggio che collega l’ Ossezia meridionale a quella settentrionale; questa galleria tra la montagne del Caucaso, sarà l’ unico passaggio attraverso il quale i sud osseti potranno ricevere aiuti dalla Russia) dalla guarnigione russa di Vladikavkaz.
Non bisogna dimenticare inoltre che la milizia georgiana, composta più da Makhedrioni e da soldati della guardia nazionale che da veri e propri coscritti, non sempre condivideva appieno le decisioni assunte dai vertici georgiani. La drastica escalation, che rischiava di coinvolgere sempre di più la Russia con esiti incerti, spinse le parti in causa a cercare un accordo: il 24 giugno 1992 Shevardnadze e Eltsin siglarono, nella località di Dagomys sul Mar Nero, gli accordi di pace.
I punti di maggior rilievo del trattato di pace stabilivano:
– il ritiro delle forze in campo;
– la demilitarizzazione della regione;
– il ritiro degli ultimi contingenti ex-sovietici dall’ Ossezia del Sud;
– la creazione di una “Commissione di controllo congiunta” composta da 200 Georgiani, 200 Russi e altrettanti Sud-Osseti.
Il prestigio di Shevardnadze e il pacificarsi dei rapporti con l’Ossezia consentirono alla neonata Repubblica Georgiana l’ingresso alle Nazioni Unite e il riconoscimento globale il 31 luglio del 1992.
Un’altra regione, tuttavia, acclamava a gran voce l’indipendenza, minacciando l’integrità del territorio georgiano: questa volta però, la minaccia giungeva da ovest, sulle coste del Mar Nero.
Marco Antollovich
Seguirà La questione abcasa
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Mappa fornita dall’autore (http://ruben2008.files.wordpress.com/2008/08/15-gjeorgjia-map.jpg)