Nov 14, 2004
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Il generale De Kermabon: un maggiore impegno della Francia nella Nato

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pubblicato da Pagine di Difesa il 14 novembre 2004

gen-de-kermabon-kosovoE’ nel giorno del suo 56° compleanno che Jacques de Kermabon – generale a tre stelle comandante di Kfor dallo scorso 1° settembre – si concede a un’intervista campale sotto l’hangar del 1° Roa a Giacove-Dakovica. E’ la festa delle Forze Armate italiane e il vento sulla pista dell’aeroporto Amiko ha l’odore del freddo di ogni 4 novembre anche qui in Kosovo. Il generale francese ha le maniche rimboccate. Passa in rassegna le truppe schierate a passo deciso. Niente lancio di paracadutisti oggi, c’è troppo vento. I quattro elicotteri della task force Ercole comandati dal colonnello Antonino Giunta volano bassi portando il tricolore.

Generale, due teatri operativi su tre dei più sensibili sono a comando francese: Jean-Louis Py in Afghanistan e lei in Kosovo. Il peso della Francia nella Nato è aumentato?
E’ una coincidenza, perché non era stato previsto che io e il mio amico Jean-Louis Py diventassimo comandanti di teatri operativi nel medesimo periodo. Questo può certo significare un maggior impegno per la Francia nell’ambito della Nato. E’ chiara la volontà di lavorare a fianco di tutti i nostri alleati.

In quale misura gli eventi di marzo hanno influito sulla decisione di dare un messaggio forte prima delle elezioni?
Per evitare che tali fatti si ripetano, come sfortunatamente è successo dopo cinque anni di presenza della Nato in Kosovo, l’Alleanza Atlantica ha deciso di prepararsi ancora meglio. Si è voluto garantire le elezioni più pacifiche e calme possibile con il rinforzo di quattro battaglioni, cioè duemila uomini in più di quelli già presenti. Il risultato è qui: il mese di ottobre è passato senza particolari incidenti. Niente di peggio di quello che può accadere in qualsiasi altro paese del mondo. Parlo sul piano della sicurezza, ovviamente, perché si sa che i serbi non hanno partecipato al voto. Ma questa sarebbe una valutazione sul piano politico. Quel che conta è che oggi i principali leader politici discutono per la formazione del governo e mi auguro che questo avvenga abbastanza in fretta, in modo che il Kosovo abbia presto il proprio governo provvisorio.

Qual è il punto di vista del comandante di Kfor sul modo in cui si sono svolte le elezioni?
Si sono svolte nella tranquillità e nella calma. Non posso che esprimere il mio apprezzamento ai soldati di Kfor per il lavoro svolto nell’assicurare un ambiente favorevole alle operazioni di voto. Altrettanto voglio fare nei confronti dei kosovari che hanno dimostrato la propria maturità con un tasso di partecipazione relativamente importante e che dunque si sono dimostrati responsabili del buon andamento delle elezioni.

Kfor è una forza militare composta da 35 nazioni diverse. Questo significa anche 35 governi e 35 opinioni pubbliche. Che limiti incontra un comandante di forza multinazionale nell’esercizio della azione di comando?
Non è il caso di cogliere le differenze. Siamo tutti riuniti qui per il nostro mestiere di soldati, per la nostra etica di soldati e per la disciplina, che è disciplina militare. Le procedure sono un po’ diverse tra i vari paesi, ma noi lavoriamo insieme a dispetto delle differenze. Organizziamo operazioni comuni tra le varie unità per addestrarci a lavorare insieme e a intervenire insieme. In questo modo miglioriamo le procedure di lavoro.

Quali sono le direttive principali seguite da Kfor per il raggiungimento di una convivenza pacifica tra le etnie?
La direzione principale è di assicurare un ambiente sicuro e pacifico per tutti in modo da consentire la ripresa di una vita normale. Questa è la mia missione principale. Allo stesso tempo si agisce a livello militare e si favorisce il progresso verso la democrazia e lo sviluppo economico. Anche se questo è più il compito dell’Unmik che della Kfor. Ma con la nostra presenza e il nostro incoraggiamento possiamo aiutare la popolazione. Arrivando qui ho scelto una formula che applico alla Kfor e che è “ristabilire la fiducia”. Penso che sia la cosa più importante per poter costruire la società futura in Kosovo.

Quale sarà il futuro delle “restricted area” e delle “protected area” volute dal generale Danilo Errico?
Si vuole proteggere in modo particolare un certo numero di siti. E’ un modo per evitare che avvenimenti come quelli accaduti in marzo si ripropongano. Per questo sono state definite delle zone all’interno delle quali possono essere impiegate armi per dissuadere estremisti, fanatici o criminali dall’attaccare quelle zone. Ma prima di tutto si tratta di un processo di dissuasione per evitare che tali malintenzionati raggiungano quei siti. Dunque è più un concetto di impiego che una vera e propria definizione di zone sul terreno.

Foto: materiale proprio

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