Nov 12, 2022
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Forze Armate in scala: “O uomo, favilla di Dio”. Tributo nell’80° di El Alamein

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By Mithra (LZ ScaleModeling)

Durante la mia infanzia mi capitava spesso di entrare nell’edificio che si trova in Piazza del Popolo a Pordenone, ora sede della Prefettura, ma che al tempo ospitava il Comando della Divisione Ariete, e ricordo che nell’atrio, sotto un imponente quadro raffigurante i reparti dell’unità in Africa Settentrionale, dominava un’iscrizione il cui significato esprimeva lo spirito con il quale i nostri soldati, soprattutto quelli dei reparti corazzati, avevano affrontato le immani sfide e gli enormi sacrifici che la guerra comporta.

L’iscrizione recita così:

O Uomo, favilla di Dio, se hai l’anima ingombra di sonno o di paura, seguirmi non potrai: i miei colori sono sempre di guerra, la mia canzone è sempre disperata”.

Questa frase era stata scritta all’interno del vano di combattimento di uno dei carri armati del IV battaglione Carri Medi e descriveva l’inscindibile rapporto che esisteva tra l’Uomo e il suo mezzo corazzato, dove è proprio il mezzo stesso che esorta il suo padrone umano a considerare il coraggio e lo spirito di sacrificio che la guerra richiede a tutti, ma soprattutto a coloro che la affrontano combattendo all’interno di un carro armato.

Ho ritrovato spesso queste parole nelle iscrizioni e nei luoghi di servizio di quella che è stata la Divisione Ariete del dopoguerra, dove erano riportate non come il ricordo retorico di un passato glorioso, ma come l’esortazione per stimolare quelle caratteristiche di senso dell’onore, di spirito di sacrificio, di convinzione interiore di servire la propria Nazione alle quali ancorare il proprio credo di militare.

Nel tempo, però, anche questa memoria si è affievolita sino a scomparire del tutto.

Quest’anno, ricorrendo l’ottantesimo anniversario della battaglia di El Alamein, ho voluto con questo modello rendere un tributo a tutti coloro che, indistintamente dal colore delle loro insegne, hanno vissuto l’ordalia della guerra a bordo di un carro armato.

Per questo motivo ho scelto questa frase e ho voluto rappresentare un mezzo proprio del IV battaglione carri, la cui caratteristica di essere stato l’unico reparto inquadrato in tutte e tre le nostre Divisioni Corazzate – Centauro, Ariete e Littorio – e di essere stato impiegato sia nei Balcani che in Africa Settentrionale, ben rappresenta lo spirito dei reparti corazzati.

Le insegne del modello sono quelle del 4° carro della 1^ compagnia del IV battaglione che, verso la fine del 1942 / inizi del 1943, faceva parte del 133° reggimento carri della Divisione Corazzata Littorio, periodo a cui dovrebbe corrispondere la composizione della frase in argomento.

Sul carro M13 e sulle sue varianti tanto si è detto, spesso a sproposito e con quella marcata velatura di nichilismo italico misto a un compiaciuto masochismo che ci porta ad autoflagellarci quando trattiamo la nostra storia, per cui non mi dilungherò sulle caratteristiche tecniche del mezzo.

Passiamo subito, invece, al modello. Qualche settimana addietro rovistando negli scaffali del mio retailer di fiducia, (negoziante è molto borghese e poco modellistico!) ho scorto la scatola dell’M13/40 dell’Italeri nella sua edizione primigenia del 1973 (nr. 213) e l’ho fatta mia in un singulto di commozione che mi ha riportato alla mia prima adolescenza modellistica!

Nonostante sia un kit venerabile quello dell’Italeri risulta essere ancora oggi il migliore disponibile sul mercato, meglio di quello originale della Tamiya, più o meno coevo, più accurato di successive edizioni di altre marche. Al momento attuale tutta la produzione Italeri e Tamiya di mezzi basati sullo scafo dell’M13/40 (M13/40, M14/41, smv da 75/18 su scafo M13 e M15 e smv da 75/34) utilizza proprio su quegli stessi stampi per quanto riguarda scafo, torretta, treno di rotolamento e cingoli.

La scatola è decisamente vintage con una rappresentazione grafica piuttosto elementare del carro senza fronzoli e fotografie; sollevando il coperchio poi la macchina del tempo dei ricordi ci rituffa nell’era del modellismo eroico. Una sola busta di plastica, due stampate in plastica beige, una minuscola serie di decalcomanie, i cingoli in plastica semirigida (ben riprodotti ma ugualmente orribili) e le istruzioni: un foglio ripiegato più volte dove in pochi brevi passaggi viene descritto il processo di costruzione e dove, dopo un disegno di vaga interpretazione e rigorosamente in bianco e nero con gli schemi mimetici, viene la parte più bella: un elenco con la descrizione delle decalcomanie e il loro posizionamento sul mezzo a seconda delle versioni. Insomma, un’emozione vintage impagabile!

Esaminando il prodotto, invece, c’è da ricredersi. La qualità della stampa è sicuramente buona anche per gli standard attuali, come ottimo risulta essere il livello dei dettagli riprodotti; la rivettatura è corretta e in scala; le misure sono corrette; la riproduzione del treno di rotolamento è dettagliata e ben fatta; i particolari minuti (dotazioni, viti di fissaggio delle cofanature del motore, ganci di sollevamento, occhioni di traino) sono ben stampati e precisi. Non ci sono particolari degli interni e, comunque, volendo si può sempre aggiungere o migliorare il tutto nell’ossequio del super dettaglio (esistono in commercio un paio di fogli di fotoincisioni ma non sono di fondamentale importanza).

In sintesi, un modello ancora valido, che risulta essere piacevole da costruire e si presta a infinite elaborazioni (è in cantiere il carro posto comando basato sullo scafo M13/40).

La costruzione è stata praticamente O.O.B. (come detto prima, una banale dicitura senza modifiche non renderebbe come l’albionica Out Of (the) Box). I soli particolari che ho ritoccato sono stati: le canne delle mitragliatrici, in casamatta e coassiale, riprodotte in tondino di ottone, come il cannocchiale di puntamento; alcuni miglioramenti alla mitragliatrice con funzione contraerea (caricatore e traguardo di puntamento) e al crick di sollevamento di emergenza e, infine, il supporto per l’antenna. Per il resto, tutto di serie originale.

I teloni sul retro, le taniche aggiuntive e i sacchetti di sabbia sono stati suggeriti dall’esame delle fotografie storiche e sono stati riprodotti (teloni e sacchetti) con stucco bicomponente Green Stuff e Tamiya. Il figurino è della ditta GLW, onesto e ben fatto che, anche se non può certamente essere paragonato a un prodotto Alpine o Rado Miniatures, aderisce bene al mio concetto di modellismo responsabile e consapevole volto a limitare i costi evitando eccessi.

La colorazione è stata effettuata usando una tecnica che ritengo produca effetti più realistici e meno artistici di quella che prevede una ombreggiatura chiara su base scura per mappare le aree di chiaro e scuro e la successiva applicazione della colorazione mimetica secondo la modulazione di colore per ricreare effetti di ombre e luci (pre-shading e color modulation).

Il processo che ho utilizzato è stato invece, il seguente. Dopo una base di primer nero ho applicato una base di colore giallo sabbia, sulla quale, successivamente ho aerografato una differente tonalità di giallo. Sfruttando la sensibilità all’acqua dei prodotti usati (Tamiya e AK), l’uso di differenti tipi di pennelli leggermente inumiditi e passati con delicatezza mi ha permesso di iniziare a creare una serie di sfumature e di contrasti riproducenti l’usura che si manifesta per l’uso continuato e prolungato del mezzo in un contesto operativo e ambientale estremo. Quindi ho ripetuto l’intero processo utilizzando altre due tonalità del colore di fondo. Non ho usato né chipping fluid specifici né lacca per capelli, in quanto ho ricercato un risultato in cui i vari colori si fondessero tra loro sfumandosi gradualmente senza stacchi netti e precisi. Questo mi ha portato ad avere una base ben definita sulla quale poter effettuare il successivo passaggio di invecchiamento ed erosione (weathering).

Questo è il passaggio che considero critico per dare al modello un’anima e per poter ricreare in modo originale e non stereotipato tutto l’insieme degli effetti che uso, erosione, polvere, sporco, agenti atmosferici e umani concorrono a creare su un mezzo.

Fermo restando che rispetto qualsiasi interpretazione i miei colleghi desiderino dare ai loro modelli, ritengo che, spesso, vengano adottati dei cliché modellistici che per quanto consentano di ottenere delle bellissime rappresentazioni artistiche di un mezzo, ne riducano la singolarità e la caratterizzazione unica che, secondo me deve contraddistinguere un modello.

Tutto il processo che ho seguito per ricreare gli effetti di usura e invecchiamento è stato fatto usando esclusivamente colori ad olio. Un mezzo che opera nel deserto non è ricoperto da ruggine, non è pieno di graffi e con evidenti scrostature di vernice, non ha, insomma tutta quella serie di effetti che generalmente, vengono riprodotti qualunque sia il modello e indifferentemente dal teatro operativo, che alla fine producono un bel modello sicuramente fotogenico ma privo di quella scintilla di realismo che meriterebbe.

Nel deserto polvere, sporco, segni di usura, grasso e unto si accumulano strato su strato creando effetti particolari che si fondono e si sovrappongono l’uno con l’altro, senza ruggine e senza eccessive scalfitture della colorazione. Ecco questo è quanto ho inteso riprodurre usando le potenzialità e la versatilità dei colori a olio. Certamente il processo richiede molto più tempo perché si devono costruire gli effetti voluti sovrapponendo differenti strati di colore (questa fase ha richiesto più di due settimane di lavoro) ma alla fine il risultato è più che soddisfacente.

La versatilità e la flessibilità dei colori a olio è immensa, ma richiede una applicazione e una dedizione al particolare che altri prodotti (smalti e acrilici) non impongono. Ritengo di essere ancora in una fase iniziale nello sfruttamento di queste potenzialità e mi sto impegnando per migliorare e affinare la mia tecnica.

Ovviamente, l’impiego di questa tecnica non bandisce l’uso degli altri eccellenti prodotti che il mercato offre, anzi, questi possono e devono divenire un’ulteriore risorsa per riprodurre effetti realistici e non solo artistici che diano vita e anima ai nostri modelli.

Concludendo, l’M14/41 del IV battaglione carri è un’altra aggiunta alla mia collezione di mezzi italiani che dovrebbe fare parte della raccolta modellistica di ogni appassionato di mezzi corazzati in quanto, nonostante i pregi e i difetti (che comunque sono connaturati a TUTTI i mezzi corazzati) ha contribuito a scrivere una pagina di storia delle nostre Forze Armate della quale dobbiamo essere orgogliosi e fieri.

Mithra*

*Mithra è su Instagram: @lzscalemodeling

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