By Mithra
Dopo alcune puntate di questa rubrica, dove l’interesse è stato centrato sui mezzi corazzati, ritorniamo adesso a parlare di Arma Azzurra. E lo faremo con un soggetto particolare, la cui fama di aerosilurante ha dato lustro e rispetto alla Regia Aeronautica durante il Secondo Conflitto Mondiale, il SIAI Marchetti S79!
Tuttavia, la versione che è oggetto del presente articolo non sarà quella bellica, ma una delle versioni non armate con le quali l’Italia ha partecipato nel primo dopoguerra a quel movimento internazionale di competizioni aeronautiche che ha entusiasmato milioni di appassionati e ha consentito di far progredire il mezzo areo in maniera vertiginosa in pochi anni.
In questo particolare campo l’Italia del tempo conseguì un’innumerevole serie di primati (alcuni ancora imbattuti) stupendo il mondo con imprese aeree sensazionali e irripetibili, una su tutte la trasvolata dell’Atlantico, in formazione, compiuta dal Maresciallo dell’Aria Italo Balbo.
La genesi del SIAI (Marchetti) S79 è alquanto singolare, anche se non del tutto insolita in campo nazionale.
L’aereo, inizialmente, è la risposta della SIAI a un’idea dello stesso Balbo, finalizzata allo sviluppo di un velivolo commerciale in grado di collegare il Vecchio e il Nuovo Continente, per poter aggiudicarsi una posizione di vantaggio nel settore, sempre più diffuso ed economicamente rilevante, dei voli transoceanici per passeggeri, in pieno sviluppo negli Anni Trenta.
Successivamente rappresenta, anche, la volontà di partecipare alla Mc Robertson Cup, una sfida lanciata dal magnate australiano al mondo aeronautico internazionale per aerei e piloti in grado di collegare Londra e Melbourne nel minor tempo possibile, avvenuta proprio durante le fasi iniziali della concezione del velivolo.
Per poter dare risposta a queste due esigenze, l’ingegner Alessandro Marchetti inizia, nel 1933, lo sviluppo del progetto dell’S79.
Si tratta di un monoplano di concezione avanzata e moderna, con ala bassa, profilo snello e slanciato, carrello retrattile, struttura portante con centine in alluminio e ricopertura delle superfici mista in metallo e tela, alette ipersostentatrici, potenziato da tre motori (inizialmente degli Isotta-Fraschini in linea, che nel prototipo divengono poi dei Piaggio – Stella radiali).
Il primo volo viene effettuato nell’ottobre del 1934, ma la messa a punto del velivolo si presenta complessa e non consentirà la partecipazione alla corsa.
I maggiori problemi riscontrati riguarderanno i propulsori, che non consentivano di sfruttare al massimo le ottime capacità della cellula penalizzando l’intero progetto; il problema verrà risolto con il cambio dei propulsori originali con degli Alfa Romeo 125 RC Pegasus (costruiti su licenza Bristol).
Il progetto dimostra appieno la sua validità strutturale e tecnica tanto da suggerire alla SIAI la presentazione alle Autorità Aeronautiche. Il velivolo viene fatto provare ad alcuni piloti del Centro Sperimentale che ne apprezzano subito le qualità, non vedendo nell’S79 il bombardiere che sarebbe divenuto ma un aereo veloce e di grande autonomia per spostamento di personalità, insomma un aereo per VIP!
Dopo questi contatti informali, seguono altrettanto informali richieste di modifiche che la SIAI applica molto rapidamente e che conducono all’immatricolazione militare del velivolo (I-MAGO n.2659) su diretta iniziativa del Ministero dell’Aeronautica per poterlo impiegare nella tratta africana per il collegamento con le colonie.
Le ottime prove fornite e le doti evidenziate danno luogo a una trattativa tra SIAI e Ministero per lo sviluppo di un prototipo militare di bombardiere diurno /notturno (l’S79 K) di cui sarà commissionato l’acquisto, sulla carta, un primo lotto di 24 apparecchi. Dal momento della consegna di questi primi esemplari nel 1936, adesso definiti come S79 M, ne seguiranno altri 1.200 che costituiranno l’ossatura dei reparti da bombardamento e aerosiluranti della Regia nelle varie attività belliche che si svolgeranno sino al 1945.
Quindi, nella migliore tradizione nazionale, l’ingresso nei ranghi dell’Aeronautica del SIAI S79 si deve non a una specifica tecnica emanata dalla competente Direzione Generale, ma bensì alla intraprendenza della ditta, che riuscì a far accettare al Ministero dell’Aeronautica un aereo realizzato su iniziativa privata per uno scopo e trasformato successivamente in aereo militare.
Fortuna volle che, almeno in questo caso, il prodotto offerto (direi imposto) si sia poi rivelato un ottimo aereo e nel particolare un aerosilurante eccellente.
Una volta introdotto in servizio, le apprezzate qualità dell’aereo determinarono la scelta, da parte della Regia Aeronautica, dell’S79 quale mezzo da utilizzare per la partecipazione a una serie di competizioni aeronautiche internazionali, dove oltre alla perizia dei piloti erano messe a dura prova le caratteristiche tecniche dei velivoli.
Nel 1937, infatti, cinque macchine subirono alcune modifiche tecnico strutturali per poter partecipare alla Parigi -Istres -Damasco organizzata, nel 1937, dall’Aero Club di Francia per commemorare il decennale della traversata atlantica di Lindbergh (ampliamento e adeguamento della strumentazione, eliminazione della postazione delle armi di bordo e della postazione per il puntatore, rinforzo della centinatura e delle superfici mobili, potenziamento del sistema propulsivo e adozione di eliche a passo variabile, aumento della capacità di trasporto carburanti,) dando vita, così, all’S79 Corsa.
La competizione decretò un successo clamoroso del trimotore italiano che conquistò non solo la Coppa ma tutto il podio, surclassando gli avversari.
In una successiva esibizione dimostrativa, la Roma – Dakar – Rio de Janeiro, tre S79 Corsa effettuarono la trasvolata confermando la possibilità di collegare l’Europa con le Americhe con una tratta di sole 40 ore!!!!
Per quanto riguarda la storia militare dell’S79 essa merita una trattazione tutta a parte che sarà oggetto di una futura puntata. Per adesso concentriamo l’attenzione sulla sua carriera sportiva e sulla competizione che lo ha visto stravincere, a cui è dedicato il modello che propongo.
Il kit è l’intramontabile Airfix del 1967 in scala 1/72, decisamente vintage ma di sicuro fascino.
Oltre ad essere al tempo l’unico modello disponibile dell’S79, rappresentò la prima realizzazione da parte della casa anglosassone di un aereo italiano e, conoscendo la perfida Albione, l’edizione di un tale modello deve essere considerato un riconoscimento straordinario alla Regia.
Il contenuto del kit comprende una serie di stampate in grigio chiaro con una plastica abbastanza morbida e ben lavorabile, con i trasparenti e un piccolo foglio di decal per una sola versione; completano il tutto le istruzioni per il montaggio e una breve sintesi di presentazione del mezzo.
Aprire una scatola di questo tipo è come fare un tuffo indietro in un passato remoto, dove, per costruire il tuo modello, acquistato con i risparmi delle paghette settimanali, ti bastavano la colla e le forbicine e le limette di carta della mamma!!!!!
Il modello è leggermente sottodimensionato e risente della tecnica del tempo, ma comunque cattura bene le forme dell’S79 dando la possibilità sia di riprodurre un buon esemplare di aerosilurante, sia quella di prestarsi a essere ampiamente modificato per trasformarlo in un S79 Corsa!
Il lavoro di trasformazione non è proprio semplice, esistono, sì, dei kit in resina per effettuare la conversione, ma oltre a essere eccessivamente costosi riducono il piacere di creare qualche cosa di originale in modo autonomo.
Quindi, partiamo: eliminazione della gobba dorsale e della gondola ventrale, chiusura del portello di accesso laterale e apertura di quello più piccolo in corrispondenza della cabina di pilotaggio, ritocco della cappottatura dei motori e dei piani di coda, riposizionamento dei trasparenti della cabina di pilotaggio e ricollocamento dell’antenna del radiogoniometro. Una leggera carteggiata in fusoliera per ridurre le centinature orizzontali un po’ troppo pronunciate e il modello è servito.
Adesso la parte più complessa e più divertente: la fase di verniciatura.
Il modello si presenta con una livrea rossa, la cui uniformità è spezzata sulla fusoliera da una freccia verde bordata di bianco che comprende il muso e corre sino ai piani di coda. Le insegne di reparto sono quelle dei Sorci Verdi con i tre topolini, completate dal numero di gara e dalla sigla del nome dei due piloti, in nero bordate di bianco posizionate sopra e sotto le ali e in fusoliera.
Dal confronto della documentazione disponibile sono giunto a una gradazione colori ottimale miscelando prodotti di differenti marche per ottenere un rosso e un verde soddisfacenti, che sono stati applicati con l’aiuto di una serie di maschere e abbondante nastro adesivo per ricreare la freccia.
Le insegne e i nomi dei due piloti sono invece ricavate artigianalmente con stampante a getto e fogli di decal. Il soggetto riprodotto è quello dell’I-5 pilotato dalla coppia Biseo – Mussolini che si classificò al terzo posto nella competizione.
Alla fine, anche un kit decisamente vintage può essere efficacemente portato a nuova vita con un po’ di pazienza e di creatività, offrendo la possibilità di replicare un altro velivolo che ha contribuito a sviluppare un elemento di orgoglio per le Ali Azzurre.
Mithra