L’immediata ricostruzione delle Forze Armate Italiane nel secondo dopoguerra è stata possibile, anche, grazie a un’imponente disponibilità di materiale di origine alleata delle più svariate tipologie. Tale fattore si è rivelato particolarmente importante nel settore dei mezzi terrestri e, soprattutto, nella riorganizzazione della componente corazzata dell’Esercito.
In tale contesto il carro Sherman, nelle sue infinite varianti, ha costituito l’ossatura delle unità corazzate, equipaggiandone le unità di fanteria carrista. Ulteriori varianti per scopi specifici hanno, poi, dato vita a soluzioni particolari per soddisfare le esigenze delle altre Armi.
A questo proposito, l’oggetto delle note odierne riguarda una trasformazione operata per convertire un certo numero di Sherman M4 in Advanced Observation Post (A.O.P.) cioè in posti d’osservazione per il tiro nell’ambito delle unità di artiglieria corazzata.
Considerando l’orientamento operativo assunto negli anni ’50, con la costituzione di grandi unità corazzate, le unità di artiglieria semovente videro un consistente incremento grazie alla disponibilità di ottimo materiale (al tempo) quale l’M7 statunitense (e la sua variante britannica Sexton).
Parallelamente all’introduzione in servizio di tale materiale, fu necessario dotare le unità di artiglieria di appropriati mezzi in grado di svolgere le funzioni di comando e controllo del tiro: veicoli idonei per i Posti Comando di gruppo e di batteria, per le squadre topografiche (queste due tipologie di mezzi saranno il soggetto di prossimi approfondimenti) e non ultimo per l’osservazione del tiro.
Mentre nei primi due casi furono usati sia gli half track nelle versioni M3 e M3A1, sia gli scafi di M7 e Sexton opportunamente modificati, per il compito dell’osservazione del tiro la soluzione identificata ricadde sullo stesso mezzo in servizio nelle unità carriste, in modo da consentire la realizzazione della prevista attività di cooperazione arma base – artiglieria in modo ottimale.
In sintesi, l’osservatore di artiglieria, essendo dotato dello stesso mezzo dell’unità che doveva supportare, era posto nelle migliori condizioni per assicurare la massima aderenza del fuoco alla manovra.
La conversione dello Sherman M4 in A.O.P. venne fatta a cura degli organi tecnici del Servizio della Motorizzazione che provvidero ad apportare le modifiche necessarie: eliminazione dell’armamento principale, con l’applicazione di una piastra corazzata al fine di mantenere intatta le caratteristiche balistiche di protezione della torretta; inserimento di un simulacro di bocca da fuoco in modo da rendere non riconoscibile il mezzo dagli omologhi carri; inserimento di un secondo apparato radio per assolvere il doppio compito di collegamento richiesto per la specifica funzione (arma base/ artiglieria e posto osservazione / unità artiglieria). La dotazione, in termini di strumentazione tecnica, era completata da un telemetro ottico della Galileo, un goniometro Sala Mod 1.
Invariate le restanti caratteristiche del mezzo, con un armamento secondario costituito dalle due armi di calibro ridotto (mitragliatrice di scafo e in torretta con funzione c/a), stessa configurazione esterna e stesso apparato propulsivo. In considerazione delle differenti versioni in servizio al tempo, si possono osservare mezzi con piastre di corazzatura aggiuntiva sullo scafo (laterali e frontali) e sui lati della torretta e, invece, mezzi dotati solo delle protezioni di scafo; ma questo non rappresenta una variante significativa in quanto le funzioni rimanevano inalterate.
Il carro A.O.P. venne distribuito a livello di gruppo in un numero di esemplari che variava molto a secondo della disponibilità e del livello di approntamento dell’unità, ma che in genere non era inferiore ai quattro mezzi.
Si deve tenere conto che nella fase iniziale di ricostituzione delle unità corazzate la disponibilità di materiale e, soprattutto, le costrizioni di bilancio, tecniche e logistiche hanno inciso molto sulla omogeneità delle dotazioni organiche delle differenti unità, e questo rende difficile definire con assoluto rigore il numero di mezzi di tale tipo presenti nelle varie grandi unità.
Il progetto, per quanto sviluppato con una soluzione non appositamente dedicata, rivelò la sua efficacia e rimase in servizio per diversi anni, sino all’introduzione del versatilissimo M113, ricoprendo il ruolo assegnato in modo ottimale.
Il modello
La riproduzione di questo mezzo, poco conosciuto ma che ha svolto un ruolo fondamentale nelle unità di artiglieria corazzata, è stata effettuata utilizzando il kit dello Sherman M4 (early production) della Tamiya (nr.35190) in scala 1/35.
Il kit è un re-boxing di una versione non particolarmente recente, parzialmente rivista in alcune componenti e arricchita con l’inserimento di alcuni sprue, che forniscono un ampio range di dotazioni aggiuntive e un ulteriore figurino a mezzo busto.
Aprendo la scatola troviamo sei sprue stampati in verde oliva scuro, lo scafo in due sezioni e i cingoli. Un foglio di decal (ottime e in registro perfetto) più il consueto booklet con storia e istruzioni (chiare, esaustive e semplici, come sempre!) completano il tutto. Il prezzo si aggira sui 30 euro, o poco meno, ed è onesto considerando il rapporto con la qualità offerta.
Nonostante l’età dello stampo (lo scafo manca delle porzioni laterali sotto i parafanghi, che vanno aggiunte con dei fogli di plasticard e i cingoli riprodotti in vinile) i livelli di dettaglio sono eccellenti come ci si aspetta dalla casa giapponese.
Buona anche la riproduzione dell’effetto della fusione sulla torretta e sullo scafo che, in un eccesso di super dettaglio, possono essere esaltati maggiormente ricorrendo a sistemi collaudati (bagno di colla e picchiettatura con pennello oppure il più classico uso di stucco e acetone/colla).
Il montaggio non presenta nessun tipo di problema; l’aggiunta della porzione mancante dello scafo, semplicemente realizzabile, migliora notevolmente il complessivo aspetto del mezzo. Non sono state utilizzate le protezioni aggiuntive per la torretta in quanto le foto del modello oggetto della mia ispirazione non le riportava.
Come ulteriori modifiche, ho eliminato la parte dell’armamento principale presente all’interno della torretta, lasciando solo la bocca da fuoco, ho aggiunto un secondo apparato radio, di conseguenza un secondo supporto per l’antenna.
Per completare, con un po’ di pazienza e vari materiali, sono stati autocostruiti il telemetro ottico e il goniometro con i relativi treppiedi. Un figurino della MiniArt, a cui ho sostituito la testa con una della Hornet, e delle cartine topografiche stampate (fantasia e una buona stampante a getto sono stati sufficienti), hanno aggiunto un tocco di movimento.
La basetta ha riprodotto un terreno ghiaioso e sassoso in modo da ambientare il mezzo, che poi è stato fotografato con uno sfondo caratteristico per molte generazioni di carristi e artiglieri: il poligono del Cellina – Meduna con l’arco delle montagne in ultimo piano.
Per concludere, il kit della Tamiya consente di riprodurre un eccellente modello dello Sherman M4, ovvero di un mezzo che ha fatto la storia dei reparti carri dell’Esercito Italiano nel dopoguerra e che si presta, come in questo caso, a essere facilmente trasformato, offrendo la possibilità di ricreare altri mezzi, meno noti ma ugualmente importanti, che hanno costituito realtà operative con le insegne italiane.