Nel panorama, alquanto vasto, dei mezzi di produzione straniera, che hanno servito nelle nostre Forze Armate, si colloca anche questo interessante carro armato francese.
Si tratta dell’Automitrailleuse de Combat modèle 1935 S (o AMC 1935 S), generalmente conosciuto come SOMUA S35 (dal nome della società costruttrice Société d’Outillage Mécanique et d’Usinage d’Artillerie) prodotto nella seconda metà degli anni ’30, quale mezzo destinato a equipaggiare le divisioni di cavalleria dell’Armeé de Terre, per assolvere il compito di “penetrazione all’interno delle linee nemiche e sfruttamento del successo” come previsto dalla dottrina del tempo.
Il Somua S35 era un carro medio di concezione moderna, del peso di circa 15 tonnellate, in possesso di una discreta velocità, ben armato e con una corazzatura resistente in grado di offrire un’ottima protezione contro la maggior parte delle offese nemiche del tempo. L’equipaggio, di soli tre componenti, e la torretta monoposto, frutto di una visione di impiego ancora rudimentale, costituivano i maggiori difetti del mezzo.
La tecnica costruttiva era da considerarsi all’avanguardia in quanto lo scafo del mezzo risultava essere composto da tre sezioni, ciascuna in singola fusione, imbullonate tra loro, che assicuravano un’ottima protezione balistica, con l’armamento principale in torretta girevole a 360°, un treno di rotolamento robusto ed efficace e un apparato motore, un V8 a benzina in grado di sviluppare 190 hp, idoneo a fornire la potenza sufficiente a garantire una elevata velocità e una discreta autonomia funzionale.
L’armamento principale era costituito da un cannone da 47mm/32 con una dotazione di 118 proietti (di cui ¾ granate AP) e da una mitragliatrice coassiale con 2250 colpi (per la cronaca il calibro e le prestazioni dell’armamento principale erano le stesse del cannone in dotazione ai nostri mezzi della serie M13!!!).
In sintesi, si trattava di un ottimo mezzo dalle elevate prestazioni, di concezione moderna la cui validità concettuale lo rese il modello migliore della produzione francese dell’epoca.
Purtroppo non poté esprimere appieno il proprio potenziale tecnico-operativo in quanto, nato per un impiego e per un ruolo specifico, venne utilizzato in modo incoerente, in obbedienza a una dottrina senza visione moderna e da Comandi con una preparazione ancorata a principi risalenti alla Grande Guerra (nota per il lettore: non è il solito commento svilente sull’operato italico, qui si sta parlando della dottrina della Armèe de Terre, cioè di una nazione da sempre autoreferenziante e piena di sé, che spesso ha dato prove poco brillanti in campo tecnico dottrinale!!).
Dopo la conclusione della Campagna di Francia, che in poche settimane aveva praticamente sciolto come neve al sole il più importante esercito europeo dell’epoca (alle volte sarebbe opportuno, magari, paragonare questa débâcle con i tre anni di guerra che videro impegnato – su tutti i fronti europei – il tanto vituperato Regio Esercito (R.E.), per aumentare la nostra autostima nazionale e non abbandonarsi al solito nichilismo disfattista!!!!), a seguito della disfatta appunto, vennero catturati, ancora funzionanti, un gran numero di S35 che vennero prontamente immessi in servizio nell’Esercito tedesco.
Nel 1941, in base a una serie di accordi intesi a sostenere lo sforzo bellico italiano da parte dell’alleato germanico, vennero ceduti al R.E. un certo numero di mezzi corazzati francesi di preda bellica, tra cui diversi esemplari del SOMUA S35 che, dopo essere stati valutati da un’apposita commissione dello Stato Maggiore del R.E., vennero immessi in servizio.
I modelli ricevuti risultavano essere nella configurazione originale francese (senza le modifiche apportate dai tedeschi con la sostituzione della cupola del capocarro) e privi degli apparati radio.
Inizialmente i mezzi vennero inquadrati nell’ambito del 4° regimento fanteria carrista, per poi essere trasferiti al 32° reggimento e destinati all’impiego operativo in Sardegna alle dipendenze XIII C.A.
I mezzi vennero impiegati in combattimento in maniera molto sporadica e solamente a seguito degli eventi conseguenti all’armistizio, prendendo parte a limitate azioni senza mai scontrarsi con equivalenti mezzi corazzati.
La documentazione inerente a questi mezzi è alquanto scarsa e molto lacunosa, cosa che rende problematico ricostruire con dovizia di particolari la storia e le vicende del mezzo in servizio nei nostri reparti. Non esistono attualmente modelli di S35 presenti in Italia in quanto la carriera nei reparti nazionali di questo mezzo può ritenersi conclusa a cavallo degli anni 1944 – 45, quando la gran parte dei SOMUA S35 vennero ceduti alle forze della Francia Libera a meno di alcuni esemplari che furono dati all’Ungheria.
In conclusione, l’S35 rappresenta uno dei pochi casi di immissione, organica, in servizio di materiale straniero di preda bellica nel campo dei corazzati che sia avvenuto sino alla conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, il cui apporto complessivo può considerarsi del tutto ininfluente sia dal punto di vista dell’innovazione tecnica che dell’impiego operativo.
Il modello
Per riprodurre l’S35 è stato utilizzato il kit della ditta giapponese Tamiya (nr 35344) in scala 1/35. Si tratta di un modello recente (2015) interamente rivisto e con nuovi stampi, che si presenta con un’accattivante immagine di copertina.
Aprendo la scatola troviamo alcune stampate in ottima plastica, color sabbia, precise, senza sbavature con extracting pin limitatissimi e in posizioni assolutamente non visibili a modello completato.
I cingoli sono a maglia singola e con montaggio a incastro (bellissimi e realistici, ma richiedono un po’ di extra time e molta pazienza per l’assemblaggio).
Completano il tutto uno sprue trasparente con visori e fari e una catena a maglie di metallo di ottima fattura, che riproduce il sistema di traino in caso di avaria. Il foglio delle decal offre tre interessanti insegne per mezzi francesi a cui corrispondono altrettanto interessanti schemi di camouflage (a 3 e 4 colori); il classico libretto di istruzioni Tamiya, chiaro, conciso e semplice accompagnato da una breve storia del mezzo.
Veniamo alla realizzazione
Ovviamente il mezzo doveva rappresentare uno dei carri in servizio nel R.E., quindi ho iniziato con il reperimento delle informazioni necessarie. Come detto precedentemente la documentazione (anche ufficiale) scarseggia, di conseguenza ho faticato non poco a trovare delle indicazioni e delle reference corrette per identificare le modifiche apportate, le insegne e le mimetizzazioni utilizzate e i reparti di impiego.
Le principali modiche apportate dal R.E. hanno riguardato unicamente la disposizione degli attrezzi, che ha visto una differente collocazione del piccone e della gravina e il montaggio di apparati ricetrasmittenti in alcuni carri (per le mie esigenze ciò ha riguardato esclusivamente la posizione dell’antenna esternamente).
L’esemplare che ho voluto riprodurre è quello di un carro del 3°pl. / 3^ Cp /CC btn. / 32° Rgt. f. cr. assegnato al XIII C.A. di stanza in Sardegna nel periodo 1944 – 1945. Da un confronto tra differenti fonti ho identificato come simbolo del plotone (o della compagnia) una coppia di elefanti su sfondo verde oliva. Targa e insegne sono state riprodotte con l’uso della mia stampante e di un foglio di decal.
La mimetizzazione utilizzata è quella metropolitana, a tinta unica, corrispondente al verde scuro.
Il figurino che ho aggiunto è un ottimo esemplare della C.R.I. Model in resina che riproduce l’uniforme in uso al tempo. L’ambientazione della basetta ha inteso ricreare un ambiente mediterraneo per dare maggiore risalto al modello stesso.
Il montaggio del kit è senza problemi. L’ingegneria Tamiya è di qualità superiore e tutti i pezzi si uniscono in modo perfetto senza fatica e con il minimo uso di lime e carta abrasiva. Unico punto che richiede attenzione, come detto, è l’assemblaggio dei cingoli.
In sintesi, ciò che si ottiene è un modello gradevole, compatto e che riproduce con realismo l’S35 (misure in scala perfetta), facile da assemblare e con un buon rapporto qualità / prezzo (andiamo dai 22 ai 28 euro).
Le modifiche limitate e di facile realizzazione che richiede il modello italiano consentono di aggiungere alla nostra collezione un mezzo di sicuro impatto visivo e un bel soggetto che testimonia una parte di storia (magari poco nota e non determinante, ma comunque importante) delle nostre Forze Armate.