Set 20, 2020
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Breccia di Porta Pia: l’Esercito celebra il 150° anniversario

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Questa mattina, a Roma, in occasione della ricorrenza per i 150 anni dalla breccia di Porta Pia, il Sottosegretario di Stato alla Difesa Onorevole Angelo Tofalo e il sindaco, dottoressa Virginia Raggi, accompagnati  dal rappresentante della Regione Lazio dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, e dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina, ha deposto una corona d’alloro in memoria dei caduti presso la lapide commemorativa della battaglia del 1870, lungo le mura aureliane.

Ne ha dato notizia oggi, 20 settembre, con un comunicato stampa, lo Stato Maggiore dell’Esercito (SME).

Un picchetto armato di Bersaglieri, corpo dell’Esercito protagonista della presa di Roma, ha reso gli onori alle Autorità, indossando l’uniforme storica in dotazione alle truppe dell’epoca.

“Era il 20 settembre del 1870 – ricorda il comunicato – quando i soldati italiani, sotto il comando del Generale Raffaele Cadorna, a partire dalle 4 del mattino sferrarono l’attacco contro le milizie pontificie per entrare a Roma. Il primo colpo di cannone fu sparato alle 5.10, da una batteria di artiglieria comandata dal Capitano Giacomo Segre e schierata a circa 500 metri dalle mura aureliane. In poco meno di 4 ore di cannoneggiamenti, il fuoco delle artiglierie italiane aprì una breccia di circa trenta metri nelle mura difensive, alla destra di Porta Pia. Fu in quel punto che le fanterie della 12ª Divisione (12° Bersaglieri e 2° Battaglione del 41° Fanteria) e la colonna di sinistra dell’11ª Divisione (34° Bersaglieri e parte del 19° Fanteria) si scontrarono con gli Zuavi al Comando del Generale Kanzler. Gli uomini della difesa pontificia si arresero all’avanzata dei Bersaglieri e la battaglia si concluse con decine di vittime in entrambi gli schieramenti: 49 caduti tra le fila dell’Esercito Italiano (il primo fu il Maggiore Giacomo Pagliari) e 69, tra morti e feriti, nei ranghi papalini”.

La breccia di Porta Pia, scrive lo Stato Maggiore dell’Esercito, è considerata l’ultima vera battaglia del Risorgimento e la prima che, a distanza di neppure dieci anni dall’unificazione d’Italia, vide combattere sotto la stessa bandiera soldati di ogni estrazione sociale, provenienti da tutte le regioni del Paese. Non fu dunque una guerra solo piemontese ma nazionale. Nelle Divisioni e nei Battaglioni che entrarono a Roma in quel 1870 ci fu infatti quella stessa mescolanza di uomini del nord e del sud che 45 anni più tardi si ritroverà nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.

Pochi giorni dopo la “breccia”, un plebiscito popolare sanciva l’annessione di Roma al Regno d’Italia e l’anno successivo, a febbraio, la Città Eterna veniva ufficialmente proclamata Capitale d’Italia.

Tra i primi a entrare a Roma, ricorda il comunicato, furono i Bersaglieri, Corpo militare istituito il 18 giugno 1836 per regio decreto di re Carlo Alberto di Savoia, su proposta dell’allora Capitano delle Guardie Alessandro Ferrero della Marmora. In origine truppe scelte dell’allora Armata Sarda, poi Regio Esercito Italiano, ed espressione di velocità, alta mobilità e capacità di tiro.

Da allora i fanti piumati hanno scritto le pagine più importanti del Risorgimento e della storia d’Italia: dalle guerre di indipendenza ai primi interventi in aiuto alla popolazione, come per i soccorsi prestati a Reggio Calabria e Messina per il terremoto del 1908; dalle due guerre mondiali alle attuali operazioni internazionali all’estero, sino all’impiego all’interno dei nostri confini in supporto alle Forze dell’Ordine o per casi di pubblica calamità.

I Bersaglieri sono oggi una specialità dell’Arma di Fanteria ricca di storia e tradizioni, ammirati dagli italiani per la loro caratteristica corsa al suono della fanfara, apprezzati per la loro presenza sul territorio, per il sostegno offerto ai cittadini, nonché per la generosità, l’altruismo e l’amore di Patria che da sempre caratterizzano questo storico Corpo dell’Esercito Italiano.

Anche l’Artiglieria è cambiata e si è evoluta dal 1870 a oggi. Da sempre Arma deputata al Supporto al combattimento per le fanterie, i cannoni a tiro diretto delle guerre dell’800 hanno ceduto il passo ai moderni obici montati su affusti ruotati o mezzi cingolati, che permettono di colpire le linee avversarie fino a oltre 40 km di distanza e con munizionamento particolare anche 70 e 100 km.

L’impiego dell’Artiglieria continua a variare nel tempo con l’acquisizione di materiali sempre più sofisticati ed efficienti. E se una volta il tiro poteva essere diretto dallo schieramento dei pezzi, oggi l’aumento delle gittate ha richiesto la costituzione di unità agili e capaci di infiltrarsi nel territorio, controllarlo e acquisire obiettivi in profondità.

“In sintesi – conclude il comunicato – la conquista di Roma e l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia fu il risultato di uno sforzo corale pluriarma del giovane Esercito Italiano, ma fu anche un evento che sortì il consenso del popolo romano che, con il successivo plebiscito, sancì l’unità di intenti e di armonica compartecipazione tra Esercito e cittadini”.

Fonte e foto: SME

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Forze Armate