Nous sommes Charlie. Nous sommes anonymous. Nous sommes légion. Nous ne pardonnons pas. Nous n’oublions pas. Redoutez-nous
Gli eventi recenti in Francia hanno scosso il mondo. Ma c’è chi, guardando i video dell’agente giustiziato, si inorridisce e chi digrigna i denti.
Il famigerato gruppo di hacktivisti Anonymous ha digrignato i denti. Capeggiati da una sezione belga, pare, Anonymous ha dichiarato guerra al terrorismo iniziando l’operazione “#OpCharlieHebdo” (in tipico stile del gruppo) e, sostiene, di avere già iniziato la propria campagna di giustizia bloccando degli account di twitter e dei siti web affiliati a gruppi jihadisti.
#JeSuisCharlie This is link to a few jihadist accounts. Please get the word out and ask @twitter to block them. http://t.co/e5cuAWPK4e
— OpCharlieHebdo (@OpCharlieHebdo)
Elenco account denunciati da #OpCharlieHebdo:
http://pastebin.com/pfffWm3u
Assieme ad essi, molti altri siti Halal hanno subìto defacing anche senza contenere messaggi jihadisti
Ou Manger Halal, defaced:
http://www.oumanger-halal.fr/
I membri di Anonymous hanno questa tendenza ad essere molto rumorosi (sul web) e parecchio orgogliosi dei propri risultati, postando screenshot e continui aggiornamenti delle operazioni sulle loro message board di riferimento. Un link di una pagina è effettivamente apparso, http://www.opcharliehebdo.com/ , con un countdown per domenica 11 gennaio 2015 ore 10:00 Gmt (11:00 locali), apparso contemporaneamente alle dichiarazioni della cellula belga di Anonymous.
Ma, essendo che nessun membro di Anonymous ha confermato l’origine della pagina ed avendo la cellula belga ufficialmente negato ogni associazione con la stessa, è probabile che questa non sia nulla più che una bufala.
Il modo in cui agisce Anonymous è spesso controverso, confuso e contraddittorio. E questo sembra decisamente essere il caso.
Molti hanno una visione distorta di cosa sia veramente Anonymous e di quali siano le sue capacità, la comune illusione che l’informatica sia una criptica arte necromantica non aiuta ad avere un quadro chiaro della situazione.
Prima di proseguire quindi, consideriamo che Anonymous è teoricamente un’organizzazione a compartimenti stagni dove membri anonimi cooperano per uno scopo definito democraticamente dall’organizzazione stessa. Questa situazione presenta vari problemi, tra cui la difficoltà organizzativa e una grande varietà nel tempo dell’abilità dei singoli membri, che non garantisce un costante livello di efficienza di operazione. Anonymous quindi è sia composta da “script kiddies” che girano un LOIC (Low Orbit Ion Cannon, programma dal nome evocativo, ma niente di più di un sistema per operare un DoS, un Denial of Service, la pratica base di Anonymous) fino a “Grey hats” navigati capaci di compiere attacchi come il notevole HBGary Cybergate nel 2011.
Anonymous organizza task forces o vere e proprie leve di massa sui suoi siti di influenza a seconda dello scopo. Le prime sono formate principalmente da esperti, le seconde da utenti di vario livello di conoscenza, ma il cui numero è fondamentale per il successo delle operazioni di Ddos (Distributed Denial of Service, simile al concetto indicato prima, solo con più utenti partecipanti).
Sono quindi gli esperti a fare la differenza in una situazione come quella attuale, dove per operare con successo bisogna interagire con siti relativamente ben protetti e di esperti, Anonymous, nel tempo ne ha persi molti. La cellula che eseguì l’attacco alla HBGary, per esempio, si distaccò, formando un nuovo gruppo chiamato LulzSec (in gergo: Sezione delle Risate) togliendo ad Anonymous validi membri per i propri scopi.
La forma e la qualità dei presenti e futuri attacchi è quindi tutta da vedersi. Se Anonymous riuscisse ad evocare tra le proprie fila un nuovo gruppo di esperti, potrebbe mettere in seria difficoltà le capacità comunicative sul web dei gruppi jihadisti.
Ma se fosse il contrario e l’ISIS, per fare un esempio, avesse a sua disposizione personale con capacità simili, le cose potrebbero andare molto diversamente. Nel 2011 Anonymous dichiarò guerra a Los Zetas, un potente cartello della droga messicano. Varie società di sicurezza informatica si prodigarono a tentare di dissuadere il gruppo da ogni azione. I cartelli non sono solo capaci di estrema violenza, ma con l’enorme quantità di denaro a disposizione non avrebbero avuto problemi a trovare un “black hat” mercenario per rintracciare gli hackers. Le due peculiarità assieme presto convinsero Anonymous che i rischi erano troppo alti e il gruppo si defilò ritirandosi dalle operazioni.
Questo, però, accade quando Anonymous riesce a coordinarsi, cosa che in queste ore non sembra riuscire a fare. Le attività sono delle più varie, dalla denuncia di account e l’oscuramento di siti jihadisti, al defacing, spesso becero e offensivo, di siti che poco vi hanno a che fare.
Le capacità del gruppo da qui in avanti faranno tutta la differenza del mondo nel condurre la loro “guerra”, con risultati che possono variare: successo totale – cioè silenziare le attività social dei gruppi jihadisti -, sconfitta assoluta – le tattiche di Anonymous si ritorcono contro i membri dell’organizzazione dando ai loro obiettivi modo di rintracciarli -, o, semplicemente, il nulla di fatto – qualche insulto razzista, qualche sito sfregiato, qualche account bannato.
Anonymous ancora una volta, comunque, dimostra di essere un nuovo agente nelle questioni internazionali, senza ombra di dubbio intrigante, ma dall’utilità dubbia e forse controproducente nello schema dello sforzo comune della guerra al terrorismo.
Federico Bianchini
Foto fornite dall’autore (link nel testo)