Cap 1.3 della tesi “Sahara Occidentale: conflitto e identità attraverso le storie di vita dei guerrilleros saharawi”, di Luca Miotti
Cap 1.3 Introduzione storica
La colonizzazione del Sahara Occidentale
Il Sahara Occidentale era annoverato tra i possedimenti spagnoli già all’indomani del Congresso di Berlino del 1884-1885, ma una presenza coloniale di una certa rilevanza si attestò solamente negli anni ‘30 del 1900. La zona del Rio de Oro e del Saquiat el-Hamra, già nelle mire della Francia che possedeva tutti i territori circostanti, fu delimitata dalla Spagna attraverso una serie di trattati che non tennero conto delle vie carovaniere, dei percorsi della transumanza e della composizione delle tribù.
I buoni rapporti inizialmente intrattenuti dalla potenza colonizzatrice con le tribù del Sahara Occidentale si degradarono presto, in concomitanza con un maggiore impegno militare spagnolo sul territorio e la missione di pacificazione francese nel sud del Marocco. Entrambe le potenze si scontrarono infatti con una prima forma di resistenza saharawi, che aveva per base il Saquiat El-Hamra. Le forze ribelli si coagularono intorno alla figura dello sceicco marabutto Ma El-Ainin, fondatore della città santa di Smara, che aveva proclamato il jihad contro gli eserciti colonizzatori. Il vantaggio della migliore conoscenza del territorio creò seri problemi alle potenze europee, ma lo sceicco fu sconfitto e la città di Smara, simbolo della resistenza, fu incendiata. Questa prima esperienza ricoprì comunque un valore storico e identitario di enorme rilevanza, in quanto riuscì ad aggregare le differenti tribù del Sahara Occidentale in nome di un’esigenza di difesa comune. L’appoggio che il Marocco inizialmente fornì non fu mai inteso come un riconoscimento di sovranità né ci fu mai sottomissione alla sua autorità, quindi il movimento di resistenza di Ma El-Ainin può essere considerato come il primo esempio di una coscienza identitaria genuinamente saharawi. Approfittando così dell’impegno militare francese, dall’inizio degli anni ‘30 la Spagna poté consolidare le sue sovranità sul Sahara Occidentale, ma il baricentro delle operazioni militari fu di nuovo attirato sul territorio nazionale iberico, dove la guerra civile prima e la seconda guerra mondiale poi, fecero sì che il controllo sulla colonia non divenne mai soffocante.
L’amministrazione spagnola apportò però innovazioni di una rilevanza enorme per la popolazione locale: l’obbligo di un visto di transumanza – oltre che di un documento di identità – facevano riferimento a un mondo di valori totalmente estraneo a quello tribale. Un concetto fondante per lo Stato nazionale di stampo europeo come quello di territorio (e quindi di confine) non era mai appartenuto al modo di vita nomadico e mal si applicava alle piste del Sahara. La stessa concezione di individuo si distaccava dal senso attribuitogli dalle società europee in cui Umanesimo, Illuminismo e Romanticismo avevano modellato l’Uomo al centro del proprio universo di valori.
Al contrario, l’”individuo” nella società sahariana fondava la sua ragion d’essere nel rapporto con gli altri membri della tribù, che si configurava come una famiglia “allargata” di un antenato maschio comune. Per fare un esempio concreto, il pagamento delle tasse prima del Tanẓīmāt (era delle riforme) era ascritto all’intera tribù o corporazione e non all’individuo.
Questi cambiamenti diedero una spinta alla sedentarizzazione della popolazione che era in maggioranza nomade, ma i fattori fondamentali che portarono a un flusso costante verso le città furono due: delle ondate di siccità che ridussero drasticamente il numero dei pascoli e la scoperta di giacimenti di fosfati di Bou Craa.
Ricerche minerarie di inizio anni ‘50 infatti svelarono l’esistenza di enormi giacimenti di fosfati, che attirarono l’attenzione della Spagna e di alcune multinazionali statunitensi e tedesche. La creazione di importanti impianti di estrazione di fosfati si tradusse in nuovi posti di lavoro e urbanizzazione, con il progressivo abbandono della tradizione nomadica. Esattamente nel periodo in cui si risvegliavano i movimenti indipendentistici di tutto il mondo, la potenza colonizzatrice spagnola stringeva la sua morsa sul Sahara Occidentale, in virtù di rinnovati interessi più di tipo economico che strategico. L’ondata di rivendicazioni anticoloniali investì anche il Marocco, che raggiunse l’indipendenza dalla Francia nel 1956, ma gli scontri continuarono per i territori di Ifni e Tarfaya, enclave spagnole in territorio marocchino, e nei territori corrispondenti al confine mauritano. I Saharawi, anche se in forma dispersa, combatterono tanto in entrambe le zone nelle varie armate di liberazione locali quanto nel territorio del Sahara occidentale stesso. La Francia, supportata dalla Spagna, decise quindi di lanciare un’operazione di repressione (nota come Opération Ecouvillon) che mobilitò 10.000 uomini, cioè un terzo delle forze dell’Africa Occidentale Francese, in sette raggruppamenti, di cui tre spagnoli. La Spagna decise di cedere al Marocco, che aveva elaborato la teoria del Grande Marocco proprio in quegli anni, la zona di Tarfaya, fonte dei maggiori problemi, ma anche di cambiare il rapporto con le altre regioni: nel 1958 la regione di Ifni e la regione di Saquiat El-Hamra e Rio de Oro vennero trasformate in due Provincie Spagnole. In questo modo la Spagna cercava di fare delle concessioni sul piano amministrativo (divisioni in distretti, creazione di un’assemblea di notabili chiamata Jama’a, tre rappresentanti alle Cortes dai due territori) e nello stesso tempo legare a sé più strettamente una zona dove stava sfruttando delle importantissime risorse (pesca e fosfati soprattutto).
Nonostante ciò, gli appelli dell’ONU – attraverso il Comitato per la decolonizzazione – cominciarono a farsi sempre più pressanti, a partire dalla fondamentale risoluzione n. 1514 (XV) del 14/12/1960 sulla concessione dell’indipendenza ai popoli e ai paesi sottoposti a dominio coloniale (Raccomandava “misure immediate nei territori che non hanno ancora raggiunto l’indipendenza, senza alcuna condizione di riserva, conformemente alla loro volontà e alla loro voce liberamente espressa, […] per raggiungere un’indipendenza e una libertà completa”. Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 1514 (XV) del 14/12/1960).
Risoluzioni mirate, che si appellavano direttamente a Madrid, furono adottate dalle Nazioni Unite dal 1966, ma il governo spagnolo continuava a sostenere una “politica del doppio binario”: pronunciarsi artatamente per il diritto all’autodeterminazione dei popoli e per un referendum, ma senza alcuna intenzione di darvi realmente seguito.
Questa situazione di stallo – di cui la Spagna chiaramente approfittava – aveva innescato nella fascia dei giovani saharawi istruiti una chiara insofferenza: la consapevolezza di essere rimasta praticamente l’ultima colonia del mondo e le rivendicazioni territoriali di Marocco e Mauritania fecero nascere una serie di gruppi e di associazioni che propugnavano la liberazione del Sahara Occidentale e, in alcuni casi, una riunificazione con il Marocco.
Per citarne alcuni: l’Harakat Tahrir (Movimento per la Liberazione del Sahara), guidato da Mohammed Bassiri, era un’associazione non violenta che sosteneva l’autodeterminazione del popolo saharawi. Nel tentativo di ingannare l’opinione pubblica internazionale, la Spagna aveva organizzato una “giornata della Madre Patria” per il 17 giugno 1970, giorno in cui l’Harakat Tahrir scese in piazza proprio per ribadire il rifiuto della colonizzazione. Il Tercio spagnolo represse la manifestazione nel sangue (precisamente 40 Saharawi morti, 100 feriti e il sequestro di Bassiri il quale fu torturato e poi ucciso. Vedi A. Lippert, op. cit., p. 45) e Bassiri fu sequestrato, assurgendo nell’immaginario popolare a secondo martire sahrawi dopo lo sceicco Ma El-Ainin.
Il Morehob (Movimento Rivoluzionario degli uomini blu) era un’associazione fondata dal saharawi Edouard Moha, che si pronunciava per l’annessione del territorio al Marocco.
Il PUNS, sponsorizzato dalla Spagna, prevedeva un’indipendenza politica per il Sahara Occidentale nel quadro di accordi economici con l’ex madrepatria.
Il FLU, fronte di Liberazione e di Unità (nel quale era confluito anche il Morehob) proponeva il ricongiungimento allo stato marocchino, da cui era largamente sovvenzionato.
Molti storici vedono nel fallimento della strategia non violenta l’Harakat Tahrir di Bassiri, il passaggio fondante verso la nascita dell’organizzazione che poi si affermerà come unico referente per il popolo saharawi, il Fronte Polisario.
Il Polisario venne fondato il 10 maggio 1973 dalla confluenza di alcuni elementi profughi in Mauritania usciti dall’Harakat Tahrir e da un gruppo di saharawi formatisi in Marocco nell’ambito della mobilitazione studentesca (gruppo di Rabat). Il manifesto politico dichiarava che:
“Il Fronte Popolare di Liberazione di Saguia El-Hamra e Río de Oro nasce come espressione unica dalle masse che sceglie la violenza rivoluzionaria e la lotta armata come strumento affinché il popolo saharawi, arabo ed africano, possa godere della sua totale libertà e fronteggiare le manovre del colonialismo spagnolo. Parte integrante della rivoluzione araba, appoggia la lotta dei popoli contro il colonialismo, il razzismo e l’imperialismo e condanna queste espressioni in quanto tendono a mantenere i popoli arabi in uno stato di dominazione sia mediante il colonialismo diretto, sia attraverso il blocco economico. Considera che la cooperazione con la Rivoluzione Popolare Algerina costituisca un elemento essenziale per affrontare le manovre ordite contro il Terzo Mondo.”
E concludeva con lo slogan “Con il fucile conquisteremo la libertà!” (Manifesto politico del Fronte Polisario del 10 maggio 1973).
Come primo atto esemplificativo, dieci giorni dopo la proclamazione del manifesto, l’ALPS (Armata di Liberazione Popolare Saharawi, il braccio armato del Polisario) attaccò un piccolo posto di stazionamento dell’esercito spagnolo a El-Khanga. Nei due anni seguenti accanto alle azioni militari – molte di esse con fini propagandistici – il Fronte cercò appoggi internazionali, soprattutto su scala regionale. Li trovò soprattutto in Libia e Algeria, in quel periodo patrocinatori dei gruppi terzomondisti e anticoloniali, che offrirono supporto militare e diplomatico.
Parallelamente, crebbe la sua popolarità tra le masse saharawi in seguito a un attento lavoro di formazione di coscienza politica (ṭawiya al-siyāssiya), dove la donna ebbe un ruolo di primo piano; l’esercito spagnolo perse progressivamente il controllo del territorio in seguito agli attacchi continui dell’ALPS, che ebbe un entusiastico sostegno dalla popolazione e si arricchì di alcuni dei riservisti saharawi che servivano nei ranghi dell’esercito spagnolo.
Luca Maiotti
Seguirà Una decolonizzazione non riuscita: la pressione internazionale, la Marcia Verde, l’invasione
Il post precedente è al link Sahara Occidentale: conflitto e identità attraverso le storie di vita dei guerrilleros saharawi, L.Maiotti/4 – Gli “anni di piombo” marocchini
Foto (fosfati a Bou Craa) è di saharawhy.net