Cap 2: Gli Stati Uniti in Georgia. Il “soft power” statunitense
Il messaggio della politica statunitense era chiaro: nelle zone in cui risulta impossibile un intervento militare in difesa dei propri alleati e dei propri interessi, l’aiuto economico non deve essere considerato meno efficace.
Il “soft power” risultava uno strumento estremamente potente in tutte le ex-Repubbliche sovietiche, forse più desiderose di benessere economico che di tutela militare in un periodo di pace. La Georgia quindi, il cui obiettivo principale era quello di cercare uno sviluppo economico fuori dall’ombra di Mosca, si sarebbe avvicinata sempre più all’Occidente, diventandone partner, ma anche pedina.
La nuova Repubblica Georgiana post-Rivoluzione delle Rose veniva considerata un baluardo di democrazia e libertà in una regione poco conosciuta dal pubblico occidentale. Forte delle sua democraticità, concreta o presunta che fosse, la Georgia vide aumentare l’interesse degli investitori internazionali: un esempio significativo è rappresentato dal fatto che in un anno (dal 2004 al 2005) gli aiuti statunitensi passarono da 84 milioni a 108 milioni di dollari.
Come testimoniato infatti dal segretario di stato Jones al Congresso nel marzo del 2004 “le rapide riforme democratiche in Georgia meritavano [corsivo dell’autore] un incremento degli aiuti economici statunitensi”.
L’impegno economico dell’Occidente andò a colpire ogni settore della nuova Georgia. Si giunse persino a pagarne interamente lo stipendio del nuovo parlamento: l’argomentazione addotta a giustificare questo bizzarro intervento nella politica interna era ancora una volta la difesa dell’ideale democratico.
Un ministro georgiano durante l’ultimo governo Shevardnadze riceveva infatti uno stipendio mensile di 200 lari (circa 80 euro); tale cifra, considerata troppo bassa per la carica ricoperta, spingeva i parlamentari ad “arrotondare” le entrate intascando ingenti somme di denaro da “businessman” locali sottoforma di mazzette.
Per garantire gli interessi occidentali e contrastare la dilagante corruzione dei funzionari pubblici, la fondazione del multimilionario George Soros (multimilionario statunitense di origine ungherese; attualmente presidente del Soros Fund Management e dell’Open Society Institute ed è anche ex membro del Consiglio di amministrazione del Council on Foreign Relations. Dopo aver sostenuto il movimento polacco “Solidarnosc” e quello cecoslovacco “Charta 77”, ha finanziato, più recentemente, i movimenti rivoluzionari in Ucraina e in Georgia e dei gruppi di opposizione in Bielorussia) si occupò personalmente di retribuire il nuovo parlamento georgiano in modo adeguato: lo stipendio venne alzato a 2.000 lari (800 euro) più 1.000 dollari al mese.
Come constatato da Peter Gahrton: “Tale cifra era più che sufficiente per vivere ad un “livello ministeriale” in un paese dove lo stipendio mensile di un professore universitario non superava i 100 lari (40 euro)”.
Ormai la Georgia era di fatto un’economia di libero mercato e continuava a stimolare gli investitori stranieri: la repubblica Caucasica passò dal 21° al 15° posto sotto la voce “facilità di fare affari” nel 2009 e poté vantare una crescita degli investimenti diretti stranieri del 492,4% dal 2003 al 2007.
Marco Antollovich
Seguirà Gli Stati Uniti in Georgia.Una democrazia di comodo
Il post precedente è al link Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente, M.Antollovich/11
Foto George Soros è di georgesoros.com