Ott 14, 2013
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Gli interessi statunitensi in Asia Centrale: storia recente e partnership NATO, L.Susic/6

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By Luca Susic

Capitolo 1.2.3 della tesi “Gli interessi statunitensi in Asia Centrale: storia recente e partnership NATO” (L.Susic)

1.2.3 L’uranio

I principali giacimenti di uranio dell’Asia Centrale sono concentrati in Kazakistan e Uzbekistan.

Prima di descrivere con maggiore precisione le dimensioni del settore estrattivo in questi due paesi, reputo sia necessario dedicare uno spazio alla situazione potenzialmente catastrofica del Kyrgyzistan, il cui centro estrattivo di Mailuu-Suu è stato ampiamente sfruttato dall’URSS nel periodo 1946-1968 (e il cui uranio è stato utilizzando per la costruzione della prima bomba atomica sovietica).

Quando la miniera fu chiusa, i Sovietici lasciarono nelle sue vicinanze 1.96 milioni di metri cubi di scarti radioattivi, ammassati in 23 enormi discariche a cielo aperto. Considerate le caratteristiche della zona, che è densamente popolata, sismicamente instabile e ricca di corsi d’acqua, si trattò di una scelta apparentemente inspiegabile, come confermato dal dottor Asangalievich, scienziato all’Accademia Nazionale Kyrgyza delle Scienze:

the methods of waste disposal ignored basic environmental protection policies, and information about associated risks was withheld from the general public”.

L’evidente negligenza sovietica rischiò di essere la causa di due disastri naturali:

  • nel 2002 uno smottamento di ampie dimensioni bloccò il corso del fiume Mailuu-Suu, rischiando di sommergere parte dei rifiuti stoccati in zona;
  • nel 2005, un terremoto a cui seguì la caduta di circa 300mila metri cubi di terreno non ebbe conseguenze drammatiche solo perché la massa di detriti cadde nuovamente nel corso d’acqua, evitando per poco gli scarti radioattivi.

Le conseguenze negative per la salute furono chiaramente determinate nel 1999 da uno studio medico dell’Istituto di Oncologia e Radioecologia Kyrgyzo, secondo cui il tasso di tumori dell’area di Mailuu-Suu era doppio rispetto a quello del resto del paese (172.2 casi su 100 mila individui contro 93.5 su 100mila).

L’evidente necessità di procedere ad una bonifica del territorio ha fatto intervenire anche la Banca Mondiale, che nel 2004 ha fornito un contributo di 5 milioni di dollari, a fronte dei 15 milioni necessari a completare il lavoro. Bishkek, a partire dal 2008, ha cominciato a provvedere a spostare gli ammassi di materiale contaminato in zone più sicure che, però, si trovano anch’esse vicino a zone abitate. Gli interventi, comunque, hanno portato a risultati positivi, come testimoniano le riduzioni del 48-65% della presenza di uranio nell’acqua potabile e del 38-55% dell’esposizione a radiazioni o gas radon all’interno delle abitazioni.

Tornando ai paesi attualmente produttori, l’Uzbekistan è sede di attività estrattive dal 1952, anno in cui fu aperto un sito nella parte centrale del deserto del Kyzyl Kum. Le riserve di uranio di questo paese (conosciute e stimate) sono cresciute notevolmente nel periodo 2008-2010 grazie a un più attivo lavoro di ricerca geologica, e sembrano essersi attestate attorno alle 137 mila tonnellate, quantità ritenuta inesatta dall’Uzbekistani State Committee for Geology and Mineral Resources (Goskomgeo), che propende per oltre 185 mila tonnellate.

L’estrazione viene realizzata esclusivamente dal Navoi Mining and Metallurgic Complex (NMMC), un organismo di Stato. Quest’ultimo ha siglato svariate joint venture con società estere, ma non ha mai delegato le operazioni di scavo, su cui esercita un rigido controllo attraverso l’Uzbekistani State Committee for Safety in Industry and Mining (Gosgortekhnadzor).

Diversa è la situazione in Kazakistan, leader mondiale nella produzione di uranio sin dal 2009. La capacità di espandere notevolmente il settore, che è un’importante voce dell’economia nazionale da oltre cinquant’anni, è conseguente al fatto che Astana, a differenza di Tashkent, ha saputo sfruttare al meglio i forti interessi di alcune società estere ad investire nel paese.

Con quest’ultime sono state formate 12 joint ventures per gestire altrettanti progetti estrattivi, mentre solo 5 impianti sono interamente controllati dalla Kazatomprom, la compagnia di Stato. Tale politica ha permesso di incrementare l’output annuale di quasi dieci volte, passando dalle 2.022 tonnellate del 2001 alle 19.450 del 2011, quota aumenta ulteriormente nel 2013, quando la Kazatomprom ha coperto da sola il 37% della produzione mondiale.

L’enorme quantità di questa risorsa ha portato il Governo Kazako a valutare seriamente l’ipotesi di aprire una nuova centrale atomica, di cui il paese è privo in seguito alla chiusura di un reattore russo attivo dal 1972 al 1999.

L’uranio kazako è, al momento, destinato in prevalenza ai mercati dell’est asiatico, ma se le previsioni della World Nuclear Association (WNA) dovessero essere esatte in futuro esso raggiungerà anche i mercati occidentali, USA inclusi.

Luca Susic

Seguirà Cap 2: La politica estera Statunitense in Asia Centrale

Il post precedente è al link Gli interessi statunitensi in Asia Centrale: storia recente e partnership NATO, L.Susic/5

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