By Luca Susic
Introduzione della tesi “Gli interessi statunitensi in Asia Centrale: storia recente e partnership NATO” (L.Susic)
Come sono cambiati gli interessi americani in Asia Centrale dall’implosione dell’URSS a oggi? Come sono mutate la strategia e la politica energetica degli USA dal momento in cui George Bush jr. ha deciso di attaccare l’Afghanistan dei Talebani? Come si relazionano gli USA, la Russia e la Cina in questo intricato dedalo di popolazioni e risorse ? Lo scopo di questo scritto è di cercare di analizzare la situazione e di rispondere ai tre quesiti posti, partendo dall’analisi della zona in cui si sta giocando una nuova partita strategica tra superpotenze.
Per realizzare tutto ciò, partirò dalla storia recente dell’Asia Centrale – la parte occidentale dell’antico Turkestan – affinché si possa capire quali sono le eredità lasciate dai periodi zarista e sovietico, soprattutto relativamente agli aspetti che maggiormente interessano la politica statunitense in loco, ossia quelli economici, quelli legati all’integralismo religioso e al nazionalismo. Il dominio di San Pietroburgo prima, e di Mosca poi, è spesso stato criticato a causa degli effetti negativi che avrebbe causato, secondo molti, sulle popolazioni locali.
Nel primo capitolo verrà evidenziato come la colpa per la nascita di alcuni movimenti estremisti non sia imputabile solamente a fattori esogeni.
In seguito il focus si sposterà sull’abbozzata transizione democratica e sul rafforzamento dei nuovi stati. Queste realtà politiche, che non hanno mai avuto organizzazioni moderne e autonome in campo amministrativo, si sono trovate improvvisamente a fare i conti con il vuoto di potere seguito alla caduta dell’URSS.
Da qui l’analisi si sposterà sull’organizzazione economica scelta dalle Repubbliche, cercando di evidenziare a dovere i punti di forza e quelli di debolezza degli Stati dell’Asia Centrale. La molteplicità di risorse naturali presenti, sebbene non equamente distribuite, ha sicuramente favorito il passaggio da un sistema pianificato di tipo socialista a uno più aperto, che però non si può definire ancora di libero mercato.
La necessità di controllare le fonti primarie delle ricchezze nazionali, quali giacimenti di idrocarburi, di oro, di uranio o grandi fiumi, ha fatto sì che il potere reale rimanesse nelle mani dello Stato, visto alternativamente come uno strumento per arricchire l’élite dominante o per resistere alla penetrazione straniera.
Questa organizzazione, chiara eredità dell’URSS, ha comunque gradazioni diverse a seconda del Paese coinvolto e ha condotto a risultati differenti. Da un lato, per esempio, troviamo il Kazakistan che, pur facendo riferimento a grandi imprese statali per la gestione delle risorse, ha saputo aprirsi al capitale straniero e avviare così uno sviluppo di più ampia portata, raggiungendo ottimi risultati in vari settori. Sul versante opposto possiamo annoverare il Turkmenistan, che ha sempre ostacolato l’afflusso di capitali stranieri e cercato di mantenere un rigido controllo sulle proprie risorse. Una siffatta gestione ha chiaramente ritardato lo sviluppo del paese e favorito l’assoluta concentrazione di potere nelle mani del Presidente.
Introdotte, quindi, le caratteristiche dell’area analizzata, il mio elaborato si sposterà verso la politica americana in loco, al fine di poter rispondere esaurientemente ai quesiti posti all’inizio. Questa parte verrà divisa cronologicamente in quattro fasi principali:
I. periodo compreso tra il 1979 e il 2001;
II. cambiamenti apportati alle strategie di Washington dai fatti dell’11 settembre 2001, che hanno reso l’Asia Centrale un entroterra fondamentale per la missione Enduring Freedom;
III. conseguenze per gli USA dei cosiddetti fatti di Andijan, che hanno costretto l’Amministrazione Bush a rivedere i propri piani (2005-2008);
IV. Presidenza Obama e la nuova rotta da lui tracciata. (2009-2010)
La ricostruzione degli eventi sarà realizzata grazie alle pubblicazioni degli esperti in materia, agli articoli realizzati per uso interno delle Forze Armate, alle audizioni delle commissioni del Senato USA e a una mia intervista a un diplomatico statunitense.
Nella conclusione, invece, cercherò di riassumere quanto analizzato e di descrivere brevemente gli avvenimenti recenti, per i quali è possibile trovare informazioni solo attraverso gli articoli di giornale. Lo scopo è quello di evidenziare quelle che sono le ultime evoluzioni della politica in zona, fornendo le basi necessarie per immaginare quali potrebbero essere gli scenari futuri.
Complessivamente si tratta di un lavoro snello, il cui scopo è analizzare criticamente le informazioni accessibili sul ruolo statunitense in Asia Centrale. Purtroppo il materiale a disposizione non è molto e quello reperibile tende a essere ripetitivo o contrastante. L’aspetto più difficile della mia ricerca è stato, quindi, riuscire ad andare oltre ai dati elementari che spesso gli USA forniscono a riguardo, in modo da non limitarmi a osservare i fatti, ma riuscire a capirne le cause. In ossequio alla tradizionale forma della “tesi, antitesi, sintesi” ho cercato di confrontare anche documentazioni dei “rivali” degli USA e ciò mi è riuscito soprattutto per la Russia, di cui ho potuto reperire saggi sia nella in lingua originale che in inglese. Più difficile è stato consultare documenti cinesi, poiché spesso non sono tradotti in lingue occidentali o, se lo sono, tendono a essere vaghi e poco incisivi.
Mi sono quindi basato soprattutto su articoli e saggi poiché le pubblicazioni accademiche in materia non sono ancora sufficientemente diffuse e la qualità di alcuni lavori che ho letto non mi è sembrata eccelsa. La bibliografia, pertanto, sarà ricca di rimandi al web, vera manna per avere accesso a lavori esteri non pubblicati in Italia.
Luca Susic