By Vincenzo Ciaraffa
L’ottantenne storico, scrittore e saggista francese, Dominique Venner, si è suicidato sparandosi un colpo di pistola in bocca nella cattedrale di Notre-Dame, dopo aver lasciato un biglietto esplicativo del suo gesto vicino all’altare maggiore: «Per scuotere la sonnolenza, scrollare le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini […] Bisogna ricordarsi che l’essenza dell’uomo é nella sua esistenza e non in un altro mondo. E’ qui e ora che si gioca il nostro destino fino all’ultimo secondo. E quest’ultimo secondo ha importanza quanto tutto il resto della vita».
Il suicida di Nôtre-Dame non era uno squilibrato, anche se era noto in Francia, per essere vicino all’estrema destra di quel Paese e tenace oppositore della legge che autorizza il matrimonio tra omosessuali introdotto di recente dal governo di François Hollande.
Egli era contrario, peraltro, anche all’immigrazione proveniente dai Paesi islamici, la subdola nemica – secondo lui – dell’Occidente e dell’Europa cristiana.
Non a caso il suo clamoroso gesto è avvenuto in Nôtre-Dame, simbolo di quella civiltà cristiana che egli sentiva minacciata e per salvare la quale riteneva bisognasse votarsi a gesti estremi, come aveva pure scritto sul suo blog qualche giorno prima di uccidersi: «Entriamo in un’epoca nella quale le parole devono essere rese autentiche dagli atti».
Il Ministro dell’Interno francese ha semplicisticamente liquidato il suicidio di Venner come «Il gesto di un uomo disperato» senza spendere una parola sul fatto che la legge sul matrimonio delle coppie omosessuali introdotta dal suo governo ha spaccato in due la Francia.
Di tenore opposto la dichiarazione del leader di estrema destra, Marine Le Pen: «Tutto il nostro rispetto a Dominique Venner il cui ultimo gesto, interamente politico, è stato di tentare di risvegliare il popolo della Francia».
Chi ha ragione? Per quanto la sinistra francese ed europea tenda a nasconderlo (senza gli immigrati perderebbe le sue Sturmtruppen…), in almeno la metà degli abitanti del Vecchio Continente prevale la sensazione che l’Europa non conti più niente sulla scena politica ed economica internazionale e che sia coinvolta nel più generale tramonto dell’Occidente.
Già, il tramonto dell’Occidente, da quando tempo se ne parla! Un secolo fa Oswald Spengler, nel saggio intitolato appunto Il tramonto dell’Occidente, riteneva la nostra civiltà destinata al tramonto a causa dell’affermarsi della democrazia e del socialismo, i sovvertitori, secondo lui, dei rapporti di potere. Per quanto la sinistra massimalista europea meriti appieno un tale giudizio, non sono, in generale, d’accordo con Spengler perché una delle cause del tramonto della nostra civiltà non sarà l’affermazione dei principi della democrazia o del socialismo ma semmai l’esaurirsi della loro carica ideale: il socialismo è morto senza avere realizzato la palingenesi socio-economica della società e la democrazia è diventata un esercizio dato in appalto a terzi.
Purtroppo è fallito anche il liberismo perché coloro i quali additavano agli amministrati l’esortazione di Guizot ai francesi del secondo impero, «Arricchitevi!», essi per primi non capivano che il denaro è il simbolo della ricchezza, non la ricchezza: le transazioni, il gioco di borsa, la compravendita di titoli diventa ricchezza ripartibile soltanto se si fondano su di un sistema produttivo che li alimenta.
In caso contrario si opera in un’economia “finanziarizzata” dove l’induzione all’acquisto di un titolo o di un bene può rivelarsi l’acquisto della fontana di Trevi da Totò nel famoso film “Totò Truffa” degli anni Sessanta. In altri termini si sono frantumati i miti consumistici dell’Occidente liberal capitalista.
I popoli, però, vivono di miti perché da essi traggono ispirazione per costituirsi in consorzio nazionale e sociale e, invece, i miti occidentali, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente in poi, non hanno fatto altro che divorarsi a vicenda: il sanguinolento amalgama sul quale la caput mundi basava il proprio imperio fu sostituito dall’evangelico «Porgi l’altra guancia»; la certezza della palingenesi che doveva seguire all’anno Mille svanì il 1° gennaio del 1001; il «Dio sopra tutto» medioevale venne soppiantato dal «Dio insieme a tutto» illuminista.
Dopo il tracollo della caput mundi pagana, proprio mentre l’Occidente perseguiva quell’impostazione eurocentrica che raggiungerà col Sacro Romano Impero di Carlo Magno, nel deserto della penisola arabica prendeva sostanza il fattore che avrebbe portato alla “militarizzazione” unilaterale dei rapporti tra l’Islam e l’Europa.
Nel VII secolo d.C. vi nacque, infatti, Maometto, che si proclamò Profeta di una religione che, in meno di cinquant’anni, avrebbe fornito ai suoi seguaci una propulsione spirituale tale da consentire a un popolo di pastori e di mercanti la conquista d’imperi secolari come quello persiano e bizantino e, in meno di due secoli, il dominio di parte dell’Oriente asiatico e dell’Occidente africano ed europeo.
La forsennata cavalcata delle vittoriose armate islamiche minacciò la sopravvivenza dell’Europa perché ridusse il Mediterraneo a un lago chiuso trasformandolo da dinamica via d’incontro tra i popoli in sanguinosa barriera, il bahr al-rum ovvero il mare dei romani. Pertanto, quale che fu la contingenza storica nella quale esse maturarono, le Crociate non possono non ritenersi la risposta europea a quel mortifero accerchiamento.
Purtroppo, anche il ricordo di quelle inevitabili imprese militari, peraltro fallite miseramente, è stato tradito nel momento in cui la Chiesa ne ha chiesta scusa all’Islam per bocca di Giovanni Paolo II, salvo lamentarsi poi che la Carta Costituzionale Europea misconoscesse le radici giudaiche e cristiane dell’Europa. Perché la Comunità Europea avrebbe dovuto statuire la memoria storica di quelle radici se a tagliarle era stato lo stesso capo della Chiesa?
Chiedere scusa non si trasforma in abdicazione morale soltanto se avviene nell’ambito di valori contrapposti ma, comunque, comparabili: quale comparazione è possibile tra un mondo che fonda la propria civiltà su di un testo religioso fermo al VII secolo d.C. ed il Cristianesimo che ha avuto la capacità di mettersi in discussione attraverso 21 Concili Ecumenici, da quello di Nicea al Vaticano II? Quali diritti possono utilmente confrontarsi se in lingua araba (la lingua del Corano) neppure esiste un termine che possa indicare il diritto, poiché è il Corano stesso a essere codice civile, codice penale e codice morale? Confusione, ignavia, principi di democrazia poco praticati e sostanzialmente negletti, socialismo reale collassato: ma allora intorno a quali valori può fare quadrato l’Europa cristiana per arginare quel tracollo così drammaticamente percepito da Dominique Venner?
Il tracollo si può arginare – ammesso che ciò sia ancora possibile – rinforzando il nostro senso dell’identità, un’identità che è di tipo occidentale come dire libertaria, tollerante e democratica. Sì, perché dopo la venuta di Gesù Cristo, l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese noi europei, per dirla alla Sartre, «Sommes condamnés à être libres» ma per esserlo veramente, dobbiamo liberarci dall’ipocrisia del multiculturalismo.
La cancelliere tedesca Angela Merkel qualche anno fa proprio sul multiculturalismo si è espressa in termini chiarissimi: non ha funzionato! A costo di essere anche meno politically correct di Frau Merkel, bisogna dire che non vi erano (e non vi sono!) i presupposti affinché esso potesse funzionare.
La sua realizzazione, infatti, è strettamente connessa alla capacità di omologazione di una o più culture che entrano in contatto; come non si può sottacere che la maggiore resistenza al multiculturalismo provenga dagli immigrati di religione islamica i quali, spesso, inclinano a tagliare la testa a coloro che li ospitano, com’è avvenuto ieri a Londra, in nome del loro Dio.
Questi orrori rendono impossibile quel multiculturalismo che la Merkel ha, giustamente, considerato fallito. E non poteva che andare a finire così perché, fondando i suoi ordinamenti unicamente su di un testo religioso, lo Stato islamico, volente o nolente, finisce col diventare teocratico.
Di contro, la cultura, la giurisprudenza, e gli ordinamenti dei popoli occidentali, pur permeati dai precetti della Bibbia e del Vangelo, non hanno originato dei regimi confessionali come lo sono tutti quelli della galassia islamica: i Dieci Comandamenti sono considerati da ebrei e cristiani le fondamenta morali fornite dall’Onnipotente agli uomini affinché v’ispirassero le proprie leggi, ma non sono la Legge dello Stato! Per i cristiani il Vangelo è una raccolta di precetti da seguire per ambire alla salvezza eterna, ma esso ha sempre rappresentato soltanto la legge morale di coloro che si riconoscono in Cristo, tant’è che nella suddivisione dei poteri dello Stato i Cristiani hanno potuto fare proprio uno degli insegnamenti dell’Evangelo: «Reddite quae sunt Caesaris, Caesari; et quae sunt Dei, Deo».
Per gli occidentali, pertanto, la fede religiosa e le problematiche secolari incarnano aspetti separati dell’esistenza, mentre per il credente islamico la fede è vissuta in modo totalizzante, attraverso un travaglio spirituale tipico del primo Cristianesimo. Siamo arrivati, finalmente, al punto della domanda che abbiamo sulla punta della lingua fin dall’inizio: quali insegnamenti dobbiamo trarre dal suicidio di Dominique Venner in Nôtre-Dame? Uno di sicuro: dobbiamo smettere di inseguire il progetto di un mega Stato europeo e insistere, piuttosto, su di una federazione di singoli Stati.
In altre parole dobbiamo riprenderci l’identità nazionale e insistere su di un realistico interculturalismo invece che su di un astratto multiculturalismo che, in realtà, non vuole nessun popolo perché è psicologicamente castrante. D’altronde gli stessi fautori del multiculturalismo, poi, non lo praticano nella realtà com’è avvenuto al Castello Sforzesco di Milano dove il ministro dell’immigrazione, Cecile Kyenge, si è rifiutato di stringere la mano di Alessandro Morelli, capogruppo della Lega Nord al Comune di Milano facendo addirittura intervenire la sua scorta per bloccarlo mentre questi si avvicinava a lei pacificamente e a mano tesa. Complice la sordina che i media corifei del “POTERE” in tutta Europa metteranno all’avvenimento, tra qualche giorno avremo dimenticato l’estremo gesto di protesta di Dominique Venner.
Eppure se tra qualche secolo esisterà ancora un’Europa di Stati nazionali, se i nostri nipoti potranno ancora riconoscersi in una Patria «che ci deve amare» sarà anche per merito suo.
Vincenzo Ciaraffa
Foto: nationspresse.info