By Vincenzo Ciaraffa
Il 19 febbraio scorso, su questo stesso blog, terminammo un articolo sui nostri due marò detenuti illegalmente in India adattando alla circostanza una frase, dedicata ai Carabinieri, che il bandito siciliano Salvatore Giuliano aveva inciso sul calcio di legno del suo mitra: «Per voi vedo malo e oscuro cammino».
Una quindicina di giorni dopo, invece, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ritornarono in Italia con quella che, un tempo, i nostri militari di leva chiamavano impropriamente «licenza elettorale», concessa loro magnanimamente dall’India per farli venire a votare nel loro Paese in occasione delle ultime elezioni politiche.
I due Sottufficiali avevano appena calcato il patrio suolo che arrivò il ruggito del coniglio dalla Farnesina: «L’Italia ha informato il governo indiano che, stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra due Stati, i fucilieri di marina […] non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso». Boom!
Soprattutto perché piacevolmente stupiti dall’infrequente, tardivo scatto di orgoglio del governo, su alcuni media nazionali e sui social network esplose la gioia del popolo della rete e di tutti quegli italiani che avevano tenuto desto il dibattito sulla vicenda dei due sfortunati militari del San Marco. Nella circostanza, infatti, alcuni quotidiani nazionali titolarono che il nostro governo aveva tirato fuori l’orgoglio, altri invece che aveva (finalmente) tirato fuori le palle!
Insomma sembrava che le fosche previsioni dello scrivente fossero state eccessive, se non addirittura infondate, e che il futuro dei nostri due militari non si prospettasse per nulla come un «… malo e oscuro cammino». E ciò con nostra grande gioia! Insomma per una volta essere smentiti ci faceva sentir bene, anche se non condividevamo lo “stile 8 settembre 1943” con il quale il governo stava tradendo un impegno comunque assunto con uno Stato estero e di fronte al mondo intero.
Infatti, giunti a quel punto, più che dalla fellonia, la Farnesina si sarebbe dovuta far ispirare da un orgoglioso buonsenso intessendo negoziati sempre più serrati con l’India e, nel frattempo, portare il caso davanti all’ONU e all’alta corte di giustizia dell’Aia.
Non è stato un caso che abbiamo tirato in ballo l’8 settembre del 1943, perché nei giorni che precedettero quel tragico settembre di settanta anni fa l’Italia riuscì nella titanica impresa di ritrovarsi per alcuni mesi in guerra con ben nove nazioni.
Quasi come adesso che è riuscita a fare imbestialire gli indiani, specialmente l’opinione pubblica, a fare una figura di merda sul piano della credibilità internazionale e ad aggravare la posizione dei due marò che per la terza volta – e senza nessun patema d’animo da parte di chicchessia – sono stati consegnati agli indiani come agnelli da sacrificare sull’altare dell’indecenza della nostra classe politica e dirigente.
Mentre scriviamo, infatti, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, si sono involati da Brindisi alla volta della loro prigione indiana con un aereo militare graziosamente messo a disposizione dallo Stato Maggiore Difesa che, a quanto pare, è più versato a fare il gestore di aereo taxi che delle Forze Armate nazionali.
La Farnesina, dal canto suo, fa sapere che il governo italiano «Ha chiesto e ottenuto dalle autorità indiane l’assicurazione scritta riguardo al trattamento per i due fucilieri e alla tutela dei loro diritti e che, inoltre, il governo indiano avrebbe garantito che per i nostri due marò non ci sarà la pena di morte».
Ma che nazione affidabile è quella che ritiene di potere condizionare l’opera della propria magistratura a nostro favore e che quoziente d’intelligenza possiede un governo che ci crede pure!
Bene, adesso che sappiamo che a Massimiliano Latorre e a Salvatore Girone gli indiani potrebbero affibbiare “soltanto” un piccolo ergastolo al posto della pena di morte, siamo tutti più contenti.
Infatti, mentre i due marò volavano alla volta dell’India, il governo Monti che (per nostra grande disgrazia) è ancora in carica per l’ordinaria amministrazione, ha fatto sentire la sua voce attraverso il sottosegretario al Ministero degli Esteri, Staffan: «La parola data da italiani è sacra».
Ma v********o, sottosegretario Staffan – che, peraltro, la suddetta frase l’hai scopiazzata dalla buonanima di Vittorio Emanuele III – non ti viene il sospetto che potremmo non rivedere più in Italia Massimiliano e Salvatore? Non ti è passata per la testa l’idea che anche difendere gli interessi dei propri cittadini e la dignità nazionale sia un compito sacro per un governo appena degno di questo nome?
Terminiamo con una domanda ai quattro Capi di Stato Maggiore: quando è che vi dimettete, gallonati, acquiescenti signori che vi muovete senza costrutto in quei grigi palazzi di via XX Settembre? Molti di noi si sono già dimessi. Da italiani.
Vincenzo Ciaraffa
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