Gen 2, 2013
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Guardiamo in faccia la realtà (parte II)

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segue dalla Parte I

By Vincenzo Ciaraffa


Mistificazione della realtà

La lotta partigiana che si sviluppò nel Centro – Nord del Paese intruppò uomini e passioni molto diverse per metodi e obiettivi incidendo poco o niente sulla guerra in corso ed è, perciò, una mistificazione della realtà storica sostenere, come si fa dal dopoguerra, che l’Italia si sia affrancata con le sue forze dalla dittatura e dall’occupazione nazista. Tale mistificazione, in verità, fece comodo un po’ a tutti.

Fece comodo ai tantissimi convertiti dell’ultima ora della Resistenza, perché soltanto esibendo meriti resistenziali, si poteva lucrare incarichi e prebende nel nuovo regime e soddisfare, così, una fame di potere arretrata di vent’anni.

Fece comodo ai democraticissimi americani perché risolveva un loro problema che non era tanto politico quanto d’immagine interna e internazionale sicché, quando per mutate esigenze strategiche, essi saranno costretti a prendere sotto la loro tutela una nazione di fascisti riciclati come l’Italia la troveranno già bella e ripulita, addirittura candeggiata da una “vittoriosa” guerra di liberazione.

Alla stragrande maggioranza degli italiani, invece, la mistificazione servì per convincersi che fosse stato il fascismo a perdere la guerra e non loro, evitando, come scrisse il saggista Andrea Giovene, «Un atto di coscienza collettivo che non poteva quindi palesarsi; e che non ci fu».

Insomma, il dopoguerra italiano, oltre che della rimozione delle colpe e/o dei sensi di colpa, segnò anche il consolidamento della nostra incapacità di saper guardare in faccia la realtà come, giustamente, ci rinfaccia Bill Emmott!

Furono, infine, la Repubblica Italiana e una Costituzione che si vuole scritta dal popolo, e che, invece, fu il frutto del compromesso di un élite  intellettuale che durante i lavori della Costituente, eccetto che sulla pregiudiziale antifascista, si trovò divisa su ogni singolo articolo.

I membri di quell’élite che, con ieratico rispetto, oggi chiamiamo i padri costituenti erano, per la maggior parte, i rappresentanti di una “idea”, non di un popolo, e di ieratico non avevano molto, tanto che, nella seduta del 2 maggio 1947, si affrontarono in una scazzottata generale, come nel peggior film sul Far West.

Il vero handicap dei padri costituenti, però, non furono le ideologie e la litigiosità, ma i limiti intellettuali perché per età, cultura e tradizioni essi appartenevano al secolo precedente e quindi non erano in grado di compenetrare una realtà già in parte globalizzata: la storia del mondo, infatti, aveva cessato di essere eurocentrica per diventare bipolare: come dire o di qua, o di là!

Una Costituzione “neutra” come loro la concepirono, pertanto, non era in palla con i tempi, anzi, in alcuni punti si sarebbe rivelata in contrasto con le alleanze che già si prefiguravano, tipo l’Alleanza Atlantica. Sì, perché una volta inserito nella carta costituzionale l’articolo 11 (L’Italia ripudia la guerra…), entrare poi a far parte di un’alleanza militare dotata di un forte potenziale difensivo ma anche aggressivo era un’incoerenza, anche se non fu la sola.

L’articolo  di apertura della Costituzione, infatti, esordì con una pleonastica dichiarazione di principio che oggi appare perfino derisoria stante i tre milioni di disoccupati, tipica di un ordinamento schiavo appunto dei principi e per niente calato nella realtà pratica: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Perché, possono esistere anche delle repubbliche fondate sugli sfaticati?

I costituenti, tra l’altro, non disegnarono in modo netto le regole riguardanti chi, come e quando dovesse governare il Paese, non valutando appieno le conseguenze di ciò su di un Parlamento che ospitava il più forte raggruppamento socialcomunista dell’Occidente, sicché prese corpo un ordinamento di stampo liberaldemocratico i cui governi, per sopravvivere, avrebbero dovuto operare sul piano pratico come in un regime statalista.

Vincenzo Ciaraffa

segue Parte III

Foto: egittologia.net

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