Dic 4, 2012
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Siria, le radici della jihad dei qaedisti sunniti contro Assad sono da cercare in Libano

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Combattono una lotta il più sanguinaria possibile per garantirsi l’Aldilà. Ed è una guerra santa violenta, la loro jihad, il martirio per eccellenza: “Ogni sera preghiamo prima di andare in guerra contro il regime di Assad [in Siria, ndr] affinchè ci venga riservato un posto in paradiso se moriamo”, fa sapere Abu Ghureir al-Traboulsi, un combattente che ha passato tre mesi della sua vita in prima linea in Siria, “L’Aldilà è l’unica cosa che conta per me e posso raggiungerlo solo dichiarando la jihad”.

Traboulsi è uno degli jihadisti mediorientali che si è unito alla lotta per deporre Bashar al-Assad in adesione alla chiamata dei clerici radicali, secondo quanto riportato da un articolo di USA Today.

In tutto gli jihadisti stranieri che combattono in Siria costituirebbero un esercito composto da 1.000 a 3.000 combattenti, secondo la stima di Aaron Zelin del Washington Institute for Near East Policy. In linea di massima si tratta di musulmani sunniti convinti che la partecipazione alla jihad rappresenti il sistema per sostituire regimi apostati con al-Qaeda.

Alla chiamata in sostegno dei fratelli siriani, rivolta dal leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ai fedeli di Iraq, Giordania e Libano, avrebbero risposto attivamente proprio i rifugiati sunniti e palestinesi in Libano, secondo quanto riferisce il quotidiano The Daily Star in Lebanon. I rifugiati nel Paese dei Cedri si starebbero unendo alle brigate Abdallah Azzam, un gruppo palestinese radicale con legami ad al-Qaeda che ha rivendicato i lanci di missili su Israele dal sud del Libano avvenuti negli ultimi anni.

Hajj Maher Oueid, leader di un partito islamico nel campo palestinese di Ain al-Helweh, nel sud del Libano, ha affermato che “i combattenti palestinesi forniscono supporto logistico ai rivoluzionari siriani, addestrandoli nell’uso degli IED (ordigni esplosivi improvvisati) e nella pianificazione di attacchi con autobombe”.

Assad è un musulmano alawita, un ramo dell’Islam sciita che molti sunniti sul confine libano-siriano considerano pura apostasia. Il conflitto tra sciiti iraniani e la maggior parte dei sunniti dei paesi arabi ha spinto i sunniti libanesi a prendere parte nel conflitto in Siria, che gode del supporto dell’Iran.

Per Traboulsi, il jihadista che oltre che in Siria ha combattuto anche tra le fila di Fatah al-Islam contro l’esercito libanese, le ragioni della lotta non sono tutte qui. Lui, come molti altri abitanti di confine, si è unito ai combattenti in Siria mosso dalla sete di vendetta contro Assad dopo essere stato minato negli affetti dalla tortura del regime e spinto dalla forza della fede.

Ma c’è dell’altro. Molti sunniti in Libano sostengono che i responsabili dell’uccisione del primo ministro sunnita Rafic Hariri nel 2005 siano gli Hezbollah sciiti, il gruppo considerato terrorista dagli Stati Uniti e che ora è al controllo del governo libanese, sottolinea l’articolo, con delega di Iran e Siria. “Una umiliazione”, la definisce Traboulsi, che vede nella deposizione di Assad l’unico modo per fare giustizia.

Alla fine del mese scorso, si apprende dall’articolo che cita come fonte il salafita Sheik Nabil Rahim, diciassette musulmani libanesi sono stati uccisi in Siria mentre tentavano di infiltrarsi nella regione di Tall Kalakh, vicino al confine nord con il Libano. Anche Traboulsi ha passato il confine per unirsi ai combattenti. Si è inserito nel battaglione Abu Walid, affiliato alla brigata Farouk, un’unità molto potente nel Free Syrian Army, costituita da disertori dalle fila dell’esercito regolare di Assad. Unità composte prevalentemente da siriani, anche se non mancano discreti numeri di libanesi, iracheni, qatarioti e kuwaitiani.

Nell’attesa di riprendere a combattere, Traboulsi e i suoi colleghi pregano ogni sera per la loro guerra santa e per un degno Aldilà.

Fonte: USA Today, The Daily Star

Foto: news.antiwar.com

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Forze Armate · Libano