Set 13, 2012
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Sicurezza: i 50 marines di Obama e i 50 vigili di Pisapia

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L’assalto in stile militare, una battaglia di quattro ore con missili antiaereo e armi pesanti, che martedì sera ha ucciso l’ambasciatore americano Chris Stevens a Bengasi, in Libia, sta scuotendo l’Occidente. E anche le coscienze.

Chi non ricorda l’assicurazione di Obama al momento della lotta al dittatore libico, il leader Gheddafi che i profeti dicevano avremmo rimpianto, relativa alla presenza di uniformi in Libia, quel rassicurante no boots on the ground in nome della fiducia nell’indigeno. Peggio: in nome di una presuntuosa  volontà di distruggere e ricreare a propria immagine e somiglianza, dando per scontato che tutto fili liscio.

Il buonismo di Obama ha preso un duro colpo. Un po’ come il buonismo di Pisapia a Milano: quel medesimo no boots on the ground che ha cancellato la presenza dei militari sul terreno a tutela della sicurezza, nella piena certezza che la città fosse al riparo da crimini e tensioni.

La smentita per Pisapia è arrivata qualche giorno fa a ridosso di Porta Romana tra la folla dell’happy hour, dopo una sparatoria con vittime che ne seguiva un’altra di qualche giorno prima.

Così, per tenere testa al sopravvento degli eventi avversi, Obama ha inviato 50 marines in Libia e Pisapia 50 vigili a Milano. Come spesso accade quando si è travolti dai fatti si deve fare dietrofront e abiurare a principi precedentemente sbandierati con ingenua convinzione.

Troppa confidenza toglie la riverenza, dicevano i vecchi. Se vogliamo semplificare all’estremo, anche senza dare troppa ragione all’homo homini lupus di Hobbes, in fondo in fondo si tratta proprio di questo.

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Foto: metronews

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Forze Armate · Sicurezza