Set 16, 2012
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Il distacco tra classe dirigente e popolo è una malattia cronica in Italia

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By Vincenzo Ciaraffa


Questo mese di settembre reca in seno la ricorrenza di due eventi che, per come si snodarono, furono laceranti per il popolo italiano: la fine del potere temporale dei papi e quella dello Stato risorgimentale.

Il 20 settembre 1870 i Bersaglieri, irrompendo dalla breccia di Porta Pia, fecero di Roma la capitale d’Italia, in opposizione alla Francia che si era fatta protettrice dell’integrità dello Stato Pontificio. Mentre, però, l’Italia legale occupava la Città Eterna approfittando della debolezza di una Francia invasa dalle armate prussiane, l’Italia reale, quella rappresentata da Garibaldi e dai suoi volontari, correva a soccorrere i cugini francesi, infliggendo una sonora batosta – l’unica di quella guerra – ai prussiani nella battaglia di Digione.

Ma l’Italia reale era rappresentata anche da quei cattolici che, lacerati dalla scelta tra Stato e Chiesa, avevano trovato rifugio nel “non expedit” di Pio IX, estraniandosi dalla vita politica della nazione fino ai primi del ‘900. Risolta in qualche maniera la “questione romana” nel 1929, grazie ai Patti Lateranensi stipulati tra lo Stato e la Chiesa, il nostro Paese si trovò a fare i conti con una lacerazione ancora più grande o, se vogliamo, con una delle pagine più amare della sua storia.

Dopo averne avallate per un ventennio la dittatura, le leggi razziali e la scelta di entrare nel carnaio della II Guerra Mondiale al fianco di quel criminale di Hitler, il 25 luglio 1943 Vittorio Emanuele III fece arrestare il Cavaliere Benito Mussolini (sfiduciato la notte precedente dal Gran Consiglio del fascismo) e successivamente  – l’8 settembre 1943 – rivelò la firma dell’armistizio con gli Alleati, in una girandola di dilettantismo, vigliaccherie e sotterfugi, tesi unicamente a salvare la dinastia e la pelle. Infatti, alle ore 0510 del giorno 9 settembre accadde un fatto che crediamo non abbia precedenti in Europa: il re, la famiglia reale, il capo del governo, Badoglio e 300 dei principali comandanti militari scapparono verso Pescara come dei ladri di polli!

Le Forze Armate – che combattevano in Italia e all’estero – e la nazione furono abbandonati nelle mani dei tedeschi inferociti per il nostro “tradimento”. Purtroppo, una volta volatilizzatasi i supremi poteri dello Stato, agli italiani mancò la guida per organizzare una capillare, efficace lotta ai tedeschi e se alcuni iniziarono a battersi, la maggioranza si acconciò a sopravvivere. Infatti, non appena si diffuse la notizia dell’ignominiosa fuga dei vertici dello Stato e delle Forze Armate, iniziò il  “tutti a casa” del celebre film di Alberto Sordi dei gregari ad ogni livello che – si badi bene – non fu la fuga collettiva dalle responsabilità ma il disgustato distacco di un popolo dalla sua classe dirigente: in quel periodo la monarchia, gli Stati Maggiori e la classe dirigente raggiunsero, in assoluto, il punto più alto nella disistima degli italiani e del mondo civile!

Tra governanti e governati, si venne a creare un’incrinatura che non si è mai completamente saldata e che riprenderà ad allargarsi negli anni successivi, quando         – dopo “Mani pulite” – cadrà anche la foglia di fico dello Stato etico. Ma, con una Costituzione rimaneggiata a metà, una classe dirigente inesistente, i poteri dello Stato gli uni contro gli altri armati e una crisi economica – finanziaria come mai si erano visti, questo mese di settembre è, in assoluto, il peggiore della nostra storia e, per alcuni aspetti, simile a quello del ’43.

Infatti, quando il “Gran Consiglio” della democrazia, il Parlamento, ha fatto sapere all’altro Cavaliere della nostra storia, Berlusconi, che il suo devastante percorso stava per giungere al termine, anche quest’ultimo si è presentato al sacro colle per riferire al re, pardon, al Presidente. Esattamente come sessantanove anni prima, l’inquilino del Quirinale (che aveva già organizzato l’uscita di scena del Cavaliere assieme ai cosiddetti poteri forti) aveva già il Badoglio di turno sottomano con il quale, dopo averlo investito in fretta e furia del laticlavio e della conduzione del governo è “scappato” pure lui assieme alla classe dirigente, non a Pescara stavolta ma dalla Costituzione e dalla realtà.

E la realtà era, ed è, sotto gli occhi di tutti. Il governo al quale Monti è subentrato era forse caduto in Parlamento? Può un Parlamento, già di per sé delegato dal popolo, delegare a sua volta altri a surrogarlo? In tutto ciò che è avvenuto in Italia negli ultimi dieci mesi, ha avuto qualche parte la volontà popolare? I tempi sono oggettivamente difficili, Monti non è il peggio che poteva capitarci e, probabilmente, la storia aveva fretta di presentare il conto delle malefatte alla mia inutile generazione che, per fortuna, è in esaurimento, ma a preoccuparmi non sono tanto le similitudini di questo settembre con quello del 1943, ma le possibili, future similitudini.

Fino a marzo del 1943, Mussolini fu l’osannato mattatore del balcone di Palazzo Venezia, all’incirca due anni dopo era appeso a testa in giù a Piazzale Loreto.

Data la loro mediocrità, probabilmente nessuna delle parti in causa si è resa conto che con il tradimento del proprio ruolo istituzionale e del mandato degli elettori ha decretato  la fine del regime  parlamentare, così come la fuga del re e del governo, l’8 settembre del  1943, decretò la fine della monarchia e l’inizio della guerra civile. Napolitano non è Vittorio Emanuele III e Monti non è Badoglio, ma gli uomini sono fatti anche dalle circostanze e circostanze ancora più gravi di quelle attuali possono ancora avvenire.

Non dimentichiamo che fino a marzo 1943 Mussolini fu l’osannato mattatore dal balcone di Palazzo Venezia, all’incirca due anni dopo pendeva a testa in giù a Piazzale Loreto.

Vincenzo Ciaraffa

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