By Sara Boscolo Marchi
Nel Corno d’Africa comincia a riaffiorare la speranza. Gli sforzi internazionali e la collaborazione dei vicini stati africani hanno recentemente portato a una svolta nella guerra civile e il sogno di una Somalia più stabile e sicura comincia a prendere forma.
Il primo agosto scorso l’Assemblea Costituente Nazionale (NCA) ha finalmente approvato il nuovo testo costituzionale con 621 voti favorevoli, 13 contrari e 11 astensioni, ovvero il 96% delle preferenze. Durante questa giornata storica non sono mancati i momenti di tensione: poco prima dell’apertura della sessione due attentati suicidi hanno avuto luogo davanti alla sede dell’Assemblea, entrambi rivendicati da Al-Shabaab, il gruppo fondamentalista islamico nato nel 2006 nell’aerea del Corno d’Africa.
Mentre il processo di pace avanza, il conflitto civile continua. La Somalia da almeno dieci anni non ha un governo centrale in grado di controllarne il territorio e si ritrova in balìa dell’anarchia. Dalla fuga di Siad Barre nel 1991, ultimo presidente di una Somalia unita, le lotte interne tra signori della guerra e milizie legate ai maggiori clan hanno lacerato il paese e alcune zone si sono autoproclamate indipendenti (Somaliland, Puntland, Galmudug, Maakhir). A poco sono valsi gli sforzi delle missioni di pace inviate dall’Onu negli anni Novanta (UNOSOM I e II) e nemmeno le trattative con le parti interessate sono riuscite a evitare il proliferare di gruppi armati irregolari nel Corno d’Africa.
Dal 2004 è stato costituito il Governo Federale di Transizione somalo (TFG), istituzione riconosciuta dalla comunità internazionale, ma piuttosto debole, che fino a oggi non è riuscito mai a ottenere la legittimità e il potere politico che si aspettava. Nel 2006, infatti, le forze antagoniste al governo provvisorio si sono organizzate nell’Unione delle Corti Islamiche (UIC) e si sono stabilite nella parte centro-meridionale del paese, arrivando a controllare addirittura Mogadishu.
Il degenerare della crisi umanitaria, con migliaia di profughi somali diretti in Kenya, Etiopia, e Yemen, hanno convinto Addis Abeba a inviare delle forze a sostegno del TFG, per aiutarlo a ristabilire l’ordine interno al paese.
Le condizioni in cui si trova la popolazione hanno suscitato l’attenzione della comunità internazionale, che il 26 maggio 2009 ha approvato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la risoluzione 1872, sollecitando le potenze occidentali e regionali a offrire assistenza tecnica per la formazione e l’equipaggiamento delle forze di sicurezza somale.
In tale contesto, il 31 marzo 2010 il Consiglio dell’Unione Europea decide di avviare una missione militare volta a contribuire alla formazione delle forze di sicurezza somale e il 7 aprile ha inizio EUTM Somalia.
La missione europea EUTM Somalia s’inserisce in una sinergia di sforzi internazionali (Nazioni Unite, Stati Uniti, Unione Europea e Unione Africana) volti a fornire un supporto pratico e a trasferire il know-how necessario al Governo Federale di Transizione per raggiungere e mantenere la stabilità e la sicurezza in Somalia e, di conseguenza, nell’area del Corno d’Africa.
Sul campo opera già dal 2007 la missione di Peacekeeping dei Caschi Verdi dell’Unione Africana, AMISOM – African Mission to Somalia. Con una forza di 9.500 uomini, di cui 5.000 dall’Uganda e poi da Gibuti e Burundi, finora è riuscita ad ottenere ottimi risultati, liberando addirittura Mogadishu dai miliziani di Al Shabaab.
L’European Union Training Mission (EUTM) Somalia coinvolge i 27 stati membri dell’UE. In particolare 12 stati, tra cui l’Italia, contribuiscono inviando direttamente i loro soldati. Tutte le azioni intraprese e i relativi report vengono analizzati attentamente a Bruxelles dai rappresentanti militari degli stati europei interessati e il Comandante della missione, il colonnello Micheal Beary, intrattiene frequenti incontri con il Comitato di Politica e Sicurezza, i vertici e i Ministri della Difesa europei per continui aggiornamenti.
EUTM Somalia va a completare il quadro europeo delle altre missioni PESC attualmente in corso in Africa centro orientale, quali EU NAVFOR Somalia – Operation Atlanta contro la pirateria (presente dal 2008) e la recentissima EUCAP NESTOR (inaugurata da una decisione del Consiglio il 16 luglio 2012) finalizzata a favorire lo sviluppo di una forza marittima autonoma nei paesi del Corno d’Africa affacciati sull’Oceano Indiano, per renderli in grado di contrastare la pirateria e difendere le proprie acque territoriali.
Il programma di EUTM Somalia si svolge necessariamente in collaborazione con gli altri attori internazionali operanti in loco per assicurarsi che le diverse strategie perseguano lo stesso obiettivo di rendere stabile e sicuro il Corno d’Africa. Fin da subito l’esercito ugandese (UPDF) ha messo a disposizione di EUTM Somalia l’accampamento di Bihanga, a sei ore di auto da Kampala, quartier generale della missione.
Alle difficoltà logistiche e infrastrutturali con cui i nostri connazionali hanno dovuto inizialmente confrontarsi al Bihanga Camp, si è aggiunto il bassissimo livello d’alfabetizzazione dei soldati somali giunti per l’addestramento (80% di analfabeti). Questo aspetto, unito al radicato senso di appartenenza clanica dei giovani trainees, hanno probabilmente complicato lo svolgimento della missione guidata dal colonnello Micheal Beary, ma non ne hanno certamente pregiudicato l’efficacia. Le finalità specifiche di EUTM Somalia, infatti, consistono nel trasferire competenze militari adeguate agli attori locali attraverso circa 6 mesi d’addestramento e nell’assistere l’esercito del governo somalo di transizione affinché sviluppi la propria capacità difensiva, essenziale per una maggiore stabilità del paese.
Le reclute somale (anche donne) sono sottoposte a ben due visite mediche per accertare che non vengano addestrati minori o persone fisicamente non idonee. I soggetti selezionati vengono educati all’uso delle armi e al riconoscimento degli ordigni inesplosi, delle mine e dei temibili IED (ordigni esplosivi improvvisati). I soldati europei impartiscono loro anche nozioni di primo soccorso e procedure radio, ma, al di là degli aspetti prettamente militari, durante tutto il percorso dell’addestramento si cerca di sensibilizzare le giovani reclute all’importanza del rispetto dei diritti umani, al rispetto delle differenze di genere, al rispetto della legge e della disciplina.
La parte finale del training è dedicata a esercitazioni che hanno l’intento di creare quell’amalgama necessaria all’efficienza di unità militare che prescinda dalla provenienza clanica dei suoi appartenenti. L’obiettivo di EUTM Somalia, infatti, non è solo quello di addestrare i soldati all’uso delle armi, ma di formare dei militari che abbiano a cuore la difesa dei civili e che siano motivati a lottare per la Patria Somalia, spinti dalla lealtà nei confronti del loro governo e non più del loro clan.
Coerentemente con gli obiettivi di EUTM Somalia, tra le reclute vengono scelti dei comandanti di compagnia e di plotone, vengono formati degli specialisti e individuati dei futuri possibili addestratori. Questo programma, denominato train the trainers (TTT) ha lo scopo di preparare dei quadri che possano assumere direttamente dei ruoli di responsabilità all’interno della missione AMISOM e siano in grado di addestrare altri soldati autonomamente, in maniera tale da permettere una diffusione esponenziale degli insegnamenti appresi grazie a EUTM Somalia.
La condizione imprescindibile per una rinascita della Somalia come nazione è ristabilirne la sicurezza. L’Unione Europea attraverso le sue missioni EUTM, EUNAVFOR – Atlanta e EUCAP NESTOR cerca di fornire alla Somalia una forza militare credibile e leale, che riesca a contrastare insieme ad AMISOM i disordini, le milizie e la penetrazione del fondamentalismo islamico nel Corno d’Africa. Allo stesso tempo, però, gli interventi europei si concentrano per migliorare le condizioni del settore politico, economico e umanitario, al fine di rafforzare la consapevolezza nazionale di questo popolo.
Sconvolta da vent’anni di dittatura e dieci di anarchia e guerra civile, la Somalia sta finora rispettando gli obiettivi che il Governo di Transizione Federale si è prefissato nel National Security and Stabilization Plan (NSSP) per il quinquennio 2011-2014: dopo otto anni la fase di transizione sembra pertanto essersi conclusa con l’elezione ad opera del Parlamento Federale (formato solo il 20 agosto u.s.) di un nuovo presidente della Somalia: Hassan Sheikh Mohamoud.
Al neoeletto presidente si pongono davanti le sfide della nuova Costituzione, approvata ma ancora da applicare nei fatti. Rimane in sospeso l’inclusione dei clan minoritari, che in Al-Shabaab hanno trovato occasione di contare qualcosa, e la soluzione per evitare un probabile cambio di strategia che sfocerebbe in una feroce insurgency.
La condizione fondamentale, ma non sufficiente purtroppo, è ancora una volta la sicurezza dei cittadini, i loro diritti e le loro libertà fondamentali. L’Unione Europea continua ad assicurare il suo supporto alla popolazione della Somalia, mediante uno sforzo, non puramente finanziario, coordinato e congiunto con altri importanti attori internazionali di cui EUTM può dirsi orgogliosamente parte.
Sara Boscolo Marchi
Foto: Cap Vincenzo Schettini