By Vincenzo Ciaraffa
Mi alzo dal letto in un’afosa mattina d’estate già stanco prima ancora di mettere i piedi a terra ma, mentre mi accingo a consumare svogliatamente la colazione dopo avere acceso il televisore, una notizia fa cambiare totalmente la prospettiva esistenziale della mia giornata: tre pasciuti signori, di cui due con la pancetta, hanno conquistato la prima medaglia d’oro italiana alle Olimpiadi di Londra nella prova di tiro con l’arco a squadra.
“Per la miseria” – penso – “siamo andati a battere i fortissimi cinesi, coreani e americani nella patria dell’arciere più famoso al mondo, Robin Hood”. Evidentemente, l’apparenza inganna perché, nonostante rassomiglino più a dei ragionieri reduci dalla corsa nei sacchi delle sagre paesane, Marco Galiazzo, Michele Frangilli e Mauro Nespoli hanno dimostrato di possedere una robusta serenità interiore e un perfetto equilibrio psicofisico. Almeno così assicura il giornalista che li sta intervistando.
Eppure, guardandoli mentre, timidi e impacciati, si sottopongono alle interviste di rito dopo la gara vittoriosa, pare che essi siano persone più che comuni, per niente robotizzate come la maggior parte degli atleti di quest’Olimpiade, anzi, sembrano più inclini alla pastasciutta e bistecche che non alle fatiche della palestra.
Insomma, appaiono “morbidosi” come la maggior parte di noi maschietti italiani che, siccome sforniti di appariscenti tricipiti e di ventre a guscio di tartaruga, siamo etichettati “gente comune” mentre, forse, siamo il sale della terra, i silenti continuatori della specie umana.
Peraltro, se potessi scambiare quattro chiacchiere con i tre arcieri tricolori, sono certo che scoprirei che anch’essi, come me, perdono i capelli e, talvolta, soffrono di mal di schiena, emicrania e di bruciori allo stomaco.
E’ a questo punto che tralascio la colazione e mi metto a meditare su una domanda: com’è che individui così ordinari siano riusciti a compiere un’impresa così straordinaria? Per quanto io abbia qualche mediocrissimo precedente nella disciplina del tiro con l’arco risalente ai tempi in cui fui allievo della Scuola di Educazione Fisica Militare di Orvieto, non ho saputo dare una risposta tecnica a tale domanda, se non azzardarne una a lume di casereccio buonsenso.
In un mondo dove tutto deve essere esagerato, dove tutto è regolato e sregolato allo stesso tempo, dove la norma imperante è l’ossessiva ricerca della prestazione iperbolica anche mediante dopaggio, i nostri tre eroi/antieroi sono sicuramente individui mostruosamente al di fuori del comune: sono normali! V’è da scommettere che essi sono normali anche nelle loro abitudini quotidiane, come dire sul lavoro, a tavola, nella società e perfino a letto.
Né credo che Marco, Michele e Mauro si sottopongano a quelle diete particolari che sono la via Crucis di atleti e fissati della linea perfetta e che, il più delle volte, fanno soltanto la fortuna di dietologi e case farmaceutiche, anzi, sono persuaso che i nostri eroi siano dei campioni anche della forchetta, come molti di noi sono, o vorrebbero essere.
Dopo cotante riflessioni, non riesco più a mandar giù il corn flakes e l’insapore yogurt intero che, come ogni mattina, la premurosa consorte mi fa trovare sulla tavola perché, se tanto mi dà tanto, meglio andare a spararsi subito un panciuto cornetto ripieno di crema e un cappuccino con la schiuma al bar sotto casa.
A proposito di normalità, non credo di aver fatto un’eccellente impressione a mia moglie quando essa, chiedendomi dal bagno dove stessi andando a quell’ora del mattino, si è sentita rispondere: “Vado a celebrare il nuovo eroe delle Olimpiadi, il colesterolo”.
Vincenzo Ciaraffa
Le Olimpiadi di Londra 2012 in Paola Casoli il Blog
Foto: lettera43.it