Questa mattina non volevo credere ai miei occhi. Sul “Corrierone” ho letto una lettera di Giuliano Amato che, a proposito del caso della morte per infarto di un collaboratore del Presidente Napolitano, sfodera i suoi versi migliori, a cominciare da titolo: “Quei dubbi insensati offendono la verità”. Roba da Tolstoj o da Dostoevskij.
Nel leggere, incredulo, tutto quello che, evidentemente, noi comuni mortali non possiamo sapere a proposito delle qualità della casta, mi chiedevo: “Ma quello che parla non è uno che percepisce circa trentamila euro di pensione al mese per aver partecipato allo sfascio di questo paese?”. Ah! Quanto è volgare il dubbio della plebe, quando si concentra su certi dettagli insignificanti della vita dei moderni padri dello sfascio ital-peninsulare…
La sua difesa così accorata, così strenua, così epica del Presidente Napolitano per la decisione di sollevare un conflitto d’attribuzione sulle intercettazioni è un grido di dolore che ci strazia l’anima. Oltre che gli zebedei.
In buona sostanza, il nostro eroe argomenta che la specchiata esistenza del nostro Presidente non ci permette di nutrire dubbi sulla bontà della decisione dell’inclito esponente della casta cattocomunista.
Non lo sfiora il dubbio, proprio dei reprobi malpensanti come lo scrivente, che chi ha difeso le intercettazioni in chiave di lotta politica, e, nei fatti, ne ha colpevolmente consentito l’uso nella fase del segreto istruttorio, non può ora lamentarsi di esserne vittima. Si metta in coda, altri prima di lui hanno denunciato questa vergogna e hanno proposto decreti che lui non ha voluto firmare.
La tirannide dolce e suadente del pensionato a cinque cifre al mese trasfonde nella sua metrica moral-spirituale la vecchia tentazione della casta di spiegarti che Cristo è morto di freddo e che quello che fa Re Giorgio è bello e giusto, sempre.
Il più palloso dei curati, il più massimalista dei filosofi a contratto, il più venduto dei pennini sarebbero stati incapaci di un’impresa simile. Onore al più tronfio dei retori della Prima Repubblica.
In un’assolata domenica di luglio abbiamo un motivo, magari piccolo, di sollazzo e sghignazzo. Il nostro grazie non vale cinque cifre come la pensione del nostro campione, ma è schietto e sincero.
Cybergeppetto
P.s. “Papà, hai visto questa lettera, bella vero?”. “Studia, invece di leggere questa roba, a te nessuno darà una pensione come la sua per scrivere poemi sulla verginità delle meretrici…”.
La caricatura di Giuliano Amato è di paoloongaro.it