By Cybergeppetto
Quando nella Prima repubblica si voleva sistemare un pargolo che stentava a trovare la sua strada, il genitore in ansia per il suo futuro doveva necessariamente rivolgersi a un politico che potesse metterlo a lavorare in uno dei tanti carrozzoni di stato.
Se il politico era del ministero che allora si chiamava del Turismo e dello spettacolo, questi aveva la possibilità di “imbucare” il giovane vitellone alla Rai, curiosa realtà, tra le tante, che coi soldi pubblici faceva, e fa tuttora, finta di essere privata.
Situazione peraltro comune a tante altre aziende, dall’ENEL alle Ferrovie, dalle aziende “municipalizzate” alle rimanenti attività il cui azionista è lo Stato italiano.
Il concetto generale è semplice. Chi non riusciva a trovarsi il pane da solo doveva averlo dallo Stato, parliamo di uno dei valori fondanti della democrazia dell’Italietta uscita dalla guerra. Parliamo di quella Repubblica secondo cui lavorare per lo Stato vuol dire semplicemente prendere uno stipendio, tanto nessuno ti chiederà cosa fai e come lo fai. Parliamo della Repubblica che di fronte ai privilegi che si chiamano diritti non fa altro che scaricare sui giovani il debito pubblico. La Rai è, a pieno titolo, uno degli elementi di questo sfascio.
Una vecchia pubblicità recitava “La Rai sei tu, chi può darti di più?”. Curioso pensare che la Rai della lottizzazione e delle lotte dei partiti per scegliere quali culi dovessero apparire nei balletti fosse una cosa sola con i cittadini. Molto più appropriata era quell’altra pubblicità che recitava “Rai, di tutto, di più”, effettivamente la Rai è un terreno di scontro tra i partiti in cui è successo di tutto: Presidenti e Consiglieri d’amministrazione passavano e passano le giornate, ormai da molti decenni, a scambiarsi amorevoli coltellate con il sorriso sulle labbra e, soprattutto, con tronfie dichiarazioni sull’importanza della libertà d’informazione. Cosa c’entri il “servizio pubblico”, o presunto tale, con la libertà d’informazione è uno dei tanti misteri fumosi del cattocomunismo sottotraccia della nostra società.
In questi tempi di crisi noi abbiamo un ‘azienda che si compone di tre canali generalisti, una quindicina di sedi all’estero, venti e più sedi in tutte le regioni, tre redazioni dei tg, tre redazioni radio, una redazione sportiva, una sporta di canali digitali, un sacco di consulenti e collaboratori esterni, precari e portaborse, ex politici che si riciclano come dirigenti Rai solo perchè hanno già avuto poltrone d’altro tipo, si potrebbe continuare ancora per molto…
Si tratta di un imponente apparato che la politica ha sempre spartito con il manuale “Cencelli”, quello alla base di ogni accordo politico della prima e della seconda repubblica, negli anni ’80, ad esempio, la DC aveva il suo feudo alla rete uno, il PSI si era insediato nella rete due e il PCI nella rete tre. Il servizio pubblico, della cui importanza parlano tutti i soloni della politica, e’ sempre stato solo il terreno di conquista dei politici.
Una domanda sorge spontanea: “Oltre al fatto che gli paghiamo il canone, cosa distingue la Rai dalle altre emittenti?”. La risposta è semplice: nulla.
I tasti che i canali Rai occupano nel nostro telecomando sono come gli altri, dopo un po’ di zapping capita spesso di dire: ” Questa sera non c’è niente in televisione..” Eppure quel niente costa un bel po’.
Cybergeppetto
p.s. “Dottore, mia figlia è una ragazza piena di talento, ma non trova nessuno che la valorizzi. La prego, mi dia una mano, le assicuro che è intelligente e, come vede, ha un aspetto strepitoso”. “Guardi, signora, viviamo tempi difficili, tenere in piedi quest’azienda è una scommessa, però la professionalità del personale è importante, cercherò di farla assumere per uno stage presso di noi, per ora farà la mia segretaria, poi vedremo…”
L’immagine è di tvblog.it