Gen 16, 2012
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Esercito: mancò il budget, non il valore!

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By Cybergeppetto

L’amico Vincenzo Ciaraffa ha scritto su queste pagine un bell’articolo sull’Esercito. Sposo in pieno le sue considerazioni, ma, con tutta la stima che ho per Lui, debbo ricordargli che non parliamo di un Esercito qualsiasi, ma di quello che ha a fianco l’aggettivo Italiano.

E’ un aggettivo che pesa, italiano vuol dire, come giustamente dice Vincenzo, che i politici non hanno una strategia di Difesa e non sanno proprio cosa farsene dell’Esercito, a parte il solito uso come stipendificio.

Gli italiani hanno sempre guardato all’Esercito come quella cosa che si è dissolta l’8 settembre, anche se l’8 settembre si dissolsero il Re e il Duce, cioè i politici d’allora. Si usa dire che l’8 settembre è la festa dello Stato Maggiore, l’edificio dal quale il Re fuggì insieme ai suoi accoliti.

Molti militari rimasero al loro posto per vari giorni, sempre fiduciosi che gli ordini sarebbero arrivati. Mio papà era sergente, il 12 settembre era il più elevato in grado della sua caserma, ci mise quattro giorni a realizzare di che pasta erano fatti i politici, ma alla fine capì l’antifona e se ne andò.

Negli anni Settanta i militari facevano schifo a tutti i politici, soprattutto ai cattocomunisti che magari avevano prima indossato la camicia nera e poi voltato gabbana. Ricordo ancora il disprezzo che i fricchettoni, figli dei fiori e anarco-terroristi, nutrivano per chi aveva una divisa. E’ la solita storia, il cane morde sempre lo straccione.

In tutti questi anni alle Forze Armate, e quindi anche all’Esercito, sono andate solo le briciole del PIL, anche i muri del Consiglio Atlantico durante la Guerra fredda sapevano che non avevamo, e non abbiamo, mai investito abbastanza in sicurezza. Quando è crollato il muro è crollato anche l’Esercito ridotto che c’era per quell’esigenza.

In questi tempi di crisi ricomincia il giochetto dei vetero-che-guevaristi che dicono che le spese militari sono eccessive. Tutti questi parlamentari, opinionisti, socio-cretini e filosofi del menga vadano a visitare le caserme, invece che strapparsi i capelli per gli avanzi di galera, si chiedano quanti soldi ci sono nella caserma X dell’ultimo reparto in fondo a destra, nel tacco, nella punta o sul bordo dello stivale. Si chiedano quanto si spende per la manutenzione o per l’addestramento di base e si facciano due conti. Si chiedano quanti giovani vengono illusi con la ferma breve e poi si ritrovano a culo per terra.

I soldati sono gente comune, che deve fare il proprio dovere, sudare e schiattare al freddo e al gelo finché ne ha la capacità, ma poi lavorare in altre parti della società, come fanno tutti nei paesi anglosassoni. Perché è chiaro che lo zaino sulle spalle lo porti solo sei hai fiato e le giunture ti tengono in piedi. Se poi vuoi andare all’estero devi saper le lingue, le procedure e quant’altro ti serve per sperare di tornare a casa.

Ma i soldati sono cittadini come tutti, i loro doveri sono i doveri di tutti, se non produciamo abbastanza per lo stile di vita che abbiamo, è inutile puntare il dito contro l’altro, quello che spreca, perché è ormai chiaro alle persone con un briciolo di onestà che lo spreco è diffuso in ogni parte della società e a ogni livello.

Per uscirne bisogna lavorare e produrre di più, in ogni parte della società, quelli che dicono che prima tocca agli altri sono i disonesti, che abbiano la divisa o meno.

Cybergeppetto

p.s. Caro Vincenzo, non lo so quando l’Esercito sarà degno di questo nome, temo che nel frattempo sia solo degno del suo Paese, anche se i suoi membri si fanno tanto onore ovunque, in Italia e all’estero. Come tu sai, il motto dell’Esercito rimane “Rei pubblicae salus suprema lex esto”.

Articolo correlato:

“Un Esercito degno di questo nome” (Parte I, Parte II, Parte III) – By Vincenzo Ciaraffa (6 gennaio 2012)

Foto: blogstoria.it

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Inchiostro antipatico