Riceviamo e pubblichiamo la lettera ricevuta via e-mail con oggetto Nuove mostrine dal lettore Christian Mari, che esprime la propria personale opinione (e che non necessariamente coincide con quella del blog) in relazione all’articolo Tremonti e i tagli a quella Difesa che non ha mai soldi per esercitazioni e ricerca, ma per parate e baschi nuovi sì, a firma L’Anacoreta, pubblicato in queste pagine il 14 luglio 2011.
Gent.ma Dott.ssa Casoli,
sono rimasto veramente colpito dal suo articolo [a firma L’Anacoreta, ndr], sul suo blog, riguardante i tagli imposti [da] Tremonti, tal tono critico ma lucido con cui si è sottolineata, ahimè, una certe classe dirigente. Non capita spesso di sentire, tanto meno leggere, parole in difesa di questa ben specifica categoria.
Vede, ho passato più di 13 anni al servizio della Patria. A 19 anni ho deciso e, lo ammetto, ho avuto anche la fortuna, di entrare in un’Accademia Militare e di seguirne i corsi di formazione da Ufficiale. E’ solamente una grandissima forza d’animo, unita ad un’alta considerazione della Patria, delle sue istituzioni e dei suoi valori che mi ha reso possibile il proseguimento di questo cammino durato quasi 14 anni attraverso non facili corsi di qualificazioni prima e missioni all’estero poi. Mi chiedo pertanto: se una persona, nel fiore degli anni, ufficiale dei Ruoli Normali, qualificata e in forza alle Forze Speciali perde il desiderio di continuare questo percorso e preferisce cercare altre strade lontane dalla F.A., se da un lato lo deve a situazioni familiari difficilmente gestibili (lo ammetto), dall’altro lo deve a situazione strutturale della Difesa che definirei angosciante e che di sicuro non lo sorreggono.
Se è vero che sacrifici sono necessari, rendiamoci altresì conto che questi sacrifici, per i militari, si sommano a situazioni pregresse già sul limite del drammatico. Rammento già alla fine degli anni ’90 giovani ufficiali che erano costretti a comprarsi da soli i mezzi di cancelleria ed equipaggiamento per poter lavorare degnamente, rammento quando, con il placet dell’allora Ministro Antonio Martino, tra 2005 e 2006 una scure si abbatté sul personale militare, portandosi dietro malumore e sconforto. Ma il morale delle truppe in aria di operazione (allora mi trovavo in Iraq) non dovrebbe essere mantenuto alto? Rammento come poi, in quella situazione di tagli e di problemi di manutenzione, ci fu richiesto di ristanziarci in Libano per la grave situazione che si era venuta a creare. “Ma come? Prima ci togliete i soldi e poi ci chiedete di raddoppiare gli sforzi?” Dove sta la logica di tutto ciò.
Settimanalmente sento compagni di corso d’Accademia, ex colleghi di Reparto, comandanti di navi, gente che per educazione militare, per struttura mentale, per codice di vita normalmente non parla dei propri problemi: essi sono miseramente rassegnati. Sono espropriati della propria dignità. Perché non concedere loro quel minimo finanziario necessario a portare a termine delle esercitazioni, non concedere loro i soldi per la navigazione o le manutenzioni, vuol dire togliere loro la dignità, vuol dire non attribuire alcuna importanza al loro lavoro.
Purtroppo potersi fregiare di qualche nuova mostrina, o cambiare il colore del proprio basco non riporterà fierezza, né entusiasmo sui loro volti fosse anche in una nuova parata o raduno militare.
Cordialmente
Christian Mari