Ott 18, 2011
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La nomina del generale Graziano a capo di smE: un invito di La Russa a voltare pagina?

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By L’Anacoreta

Metti il dopocena del sabato, di sabato scorso 15 ottobre, e il solito gruppo di amici a commentare le ultime novità: la crisi economica, il tira e molla sulla approvazione della legge di bilancio, l’ennesima disavventura della coalizione di governo, il quotidiano intervento dell’inquilino del Colle e così via.

Aggiungici la profonda delusione per la piega violenta che aveva vanificato il significato pacifico della marcia degli indignados nostrani, tenutasi quel pomeriggio a Roma, che i telegiornali e i notiziari hanno propinato in bella vista con il solito mix di scontri di piazza degni delle recenti immagini della Primavera Araba tra le flange dei dimostranti (delinquenti imbecilli e impuniti direi) e le forze dell’ordine.

In aggiunta alle immagini, già di per sé avvilenti e preoccupanti, c’era poi tutto il teatrino degli esponenti politici che, con le solite facce di circostanza, avevano deplorato i fatti, condannato i violenti, scusato i manifestanti che “hanno ecceduto nell’esternare la loro sacrosanta rabbia”, accusato – immancabilmente direi – il Governo di non aver saputo gestire l’emergenza, chiesto la testa di Berlusconi, osannato alla libertà di espressione e così via.

Ne andava di conseguenza che il nostro morale di cittadini e di rappresentati di questo Paese era vieppiù notevolmente scosso.

Mano a mano che venivamo annichiliti dal generale senso di impotenza nel vedere un Paese, il nostro Paese, che piano piano sembra sfaldarsi e avviarsi alla chetichella verso un baratro civile e sociale, più che economico-finanziario, la discussione è scivolata verso altri temi.

Nella nostra comitiva di amici vi sono anche un paio di ufficiali delle forze armate che non hanno mancato di informarci della nomina del nuovo capo di stato maggiore dell’Esercito. La novità degna di nota, e che aveva secondo loro reso interessante e importante la notizia, era il fatto che il prescelto era il più giovane dei generali di corpo d’armata attualmente in servizio.

Mi spiego. Di solito viene scelto per tale incarico un generale prossimo al raggiungimento dei limiti di età, il cui mandato quindi, tra termini naturali e proroghe e proroghine, non superi l’anno e mezzo massimo due.

Questa scelta, invece, di puntare su un giovane rappresenta un’assoluta novità che sconvolge un sistema sclerotizzato di equilibri interni alla forza armata, togliendo tutte quelle certezze acquisite che contraddistinguono in genere le strutture che si basano sulla assoluta aderenza a rituali organizzativi rigidi e consolidati nel tempo.

A dire il vero, nei giorni passati, scorrendo i giornali avevo intravisto qualche ritaglio in trentesima pagina nel quale si addebitava al ministro della Difesa di voler promuovere a un’alta carica un altro ufficiale (dopo il generale Abrate, attuale capo della Difesa) il cui merito maggiore sembrava essere quello di essere stato, anche lui, un suo stretto collaboratore. Ma avevo liquidato la cosa come il solito pettegolezzo per poter attaccare un membro dell’esecutivo.

Malignamente mi ero infatti detto che il povero onorevole La Russa (foto) – non essendo stato coinvolto in festini orgiastici con escort e personaggi dello spettacolo, non avendo neanche ricevuto in dono (a sua insaputa) un appartamento o una villa in posti esotici o à la page, non avendo, meschino lui, neanche un procedimento penale pendente o possibile – quale esponente di spicco del governo un qualche peccato lo dovesse almeno avere. Favoriva i più stretti collaboratori nella scalata alle nomine di vertice della Difesa!!!!!!!!

Quando però i miei amici in divisa hanno sollevato l’argomento della nomina mi hanno stuzzicato l’interesse e ho chiesto loro di spiegarmi un po’ meglio il senso che davano a questa nomina inconsueta.

Da quello che ho potuto cogliere, la nomina era attesa e il nome del possibile prescelto circolava con insistenza da un certo tempo. Quindi questo atto non ha preso alla sprovvista i miei amici e il loro ambiente.

Quello che semmai li ha meravigliati è stato che il candidato di cui si era più volte parlato, giudicato da tutti come un outsider, messo in mezzo solo per smuovere un po’ le acque e scaldare l’interesse per la nomina – garantita e senza scossoni – di uno dei senatori, alla fine sia risultato realmente quello prescelto (quello unto dal ministro).

Insomma, ci avevano sperato senza illudersi troppo che una scelta di questo genere, definita senza mezzi termini epocale e innovativa, potesse concretizzarsi.

Quello che mi ha realmente meravigliato e che mi ha fatto pensare, è stata la soddisfazione che sembra pervadere i miei amici, e anche una parte consistente del loro ambiente.

Questa misurata euforia, questo è il punto fondamentale, non riguarda la scelta della persona in sé  – il generale Graziano (foto), infatti, non sembra essere considerato né più bravo, né più capace, né più illuminato o neppure più simpatico o benvoluto di altri possibili candidati, ma è connessa al fatto che il nuovo capo ha davanti un periodo lunghissimo di servizio attivo. Cinque anni sono un’eternità per un mandato al vertice di una organizzazione come quella militare.

Questo fattore, la lunghezza del mandato, è quello che ha acceso le speranze dei miei amici; ha alimentato le loro aspettative in un corso nuovo che possa spezzare l’immobilismo del passato; ha fatto intravedere una possibile svolta in grado di rigenerare un ambiente stanco, demotivato e disilluso sulle capacità del proprio sistema di vertice.

Il riflettere sulla soddisfazione che i miei amici hanno dimostrato nell’interpretare la nomina mi ha portato a formulare due considerazioni.

La prima, amara.

Il messaggio che ho colto è stato il seguente: “non importa chi venga eletto, non importa se sia l’uomo giusto o il migliore, l’importante è che assicuri stabilità. Che la sua azione sia giudicata alla fine positiva o negativa non importa, il fatto che comunque possa lavorare per un periodo ti tempo eccezionalmente lungo alla fine comunque sarà un bene”.

La seconda, di speranza.

I militari, almeno secondo il parere dei miei due amici, sono stanchi di vivere una situazione interna di incertezza e di perenne ristrutturazione. La voglia di stabilità, di progetti concreti e consolidati, di programmi sviluppati e conclusi, di fiducia in vertici presenti e non effimere comparse, rappresenta una necessità impellente a cui non poter più rinunciare.

A questo punto mi viene spontanea una terza considerazione.

Ovviamente il mondo militare non è un corpo estraneo al nostro Paese; esso, infatti, rappresenta uno spicchio, una frazione orizzontale dell’intero sistema sociale, politico e civile, quindi ciò che i suoi appartenenti pensano sentono e provano è in realtà in linea e del tutto simile con le aspettative, le speranze, le ambizioni, le aspirazioni degli altri cittadini del nostro Paese.

Di conseguenza, alla fine della mia serata tra amici, la domanda che mi sono posto è stata la seguente.

Una scelta così innovativa – effettuata peraltro da un esponente del nostro sistema politico – come quella di nominare un outsider, facendo piazza pulita di tutto ciò che lo precede, sgomberando la scena con un solo colpo da tutta una serie di persone che in qualche modo risultano compromesse dal fallimento della situazione attuale, non potrebbe essere vista come un segnale di ripresa e di volontà di superare un momento di impasse che quella amministrazione sta vivendo da molto tempo?

In molti settori e in molti campi il mondo militare è stato il precursore per altri settori della vita civile del Paese, che ha adottato e mutuato modelli e sistemi sviluppati dai militari.

Se consideriamo tale fenomeno, forse la chiave di lettura di questa nomina può essere proprio questa: un invito da parte del mondo militare a voltare pagina, non perdendosi inutilmente a discutere all’infinito su chi sia il migliore o il più degno nel doversi assumere le responsabilità di svolgere il ruolo di timoniere del sistema, ma nel rompere gli indugi e nominare questo timoniere dandogli la fiducia, cioè il tempo per poter sviluppare il suo progetto.

Se questo è realmente il concetto che ha determinato le scelte del ministro della Difesa allora il nuovo capo di stato maggiore ha davanti a sé una sfida epocale: dovrà dimostrare che l’immobilismo che sta portando il nostro Paese verso una lenta decadenza può essere sconfitto. Se la persona a cui concediamo la nostra fiducia ha la possibilità di poter lavorare e di sviluppare un programma con alle spalle la sicurezza di un mandato lungo e coerente.

L’Anacoreta

Foto: il ministro Ignazio La Russa e il generale Claudio Graziano in Libano, missione Leonte 2009/associazionelagunari

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Afghanistan · Forze Armate · Libano · Vicino Oriente