Set 3, 2011
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L’Italia dopo il fallimento (parte II)

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By Cybergeppetto

La crisi si aggrava, seconda puntata.

Quando finalmente a tutti apparve chiaro che effettivamente l’Italia era in crisi, fallita senza speranza, le forze che l’avevano portata nel baratro capirono che dovevano fare qualcosa … e allora arrivarono tempi veramente bui per gli italiani.

Nessuno poteva immaginare di che cosa fossero capaci i politici, gli industriali, i sindacalisti, i magistrati, gli scrittori, i cantanti e i calciatori, insomma, le élite culturali che avevano dominato sino ad allora.

Tutti questi benpensanti pensarono di fare l’unica cosa che sapevano fare, cioè dare la colpa a qualcuno, e incominciarono una guerra senza quartiere tra di loro.

Tutti quanti asserivano di aver subìto ingiustizie e angherie da altri in un giro senza fine di rimpalli di responsabilità.

Gli industriali sostenevano che era colpa delle troppe tasse del governo sul lavoro e sulle richieste eccessive dei sindacati. I sindacati sostenevano che gli industriali e il governo non avevano investito risorse sufficienti a sostenere l’economia. I politici sostenevano che sia i sindacalisti che gli industriali gli avevano fatto spendere troppi soldi in casse integrazioni per tenere in piedi industrie decotte e posti di lavoro che sarebbe stato meglio ricollocare.

I disoccupati laureati accusavano l’Università di avergli dato un pezzo di carta inutile, i baroni rispondevano che il governo gli aveva dato pochi soldi per prepararli.

I ministeriali accusavano la politica di avergli dato stipendi da fame, i politici rispondevano che la prima repubblica gli aveva dato il lavoro in cambio di voto.

I magistrati accusavano i politici di essere ladri, i politici rispondevano che almeno qualcuno di loro avava pagato, mentre era noto a tutti che i magistrati non pagavano mai i loro errori, soprattutto se poi entravano in politica.

I genitori dicevano ai figli che erano debosciati e fannulloni, i figli rispondevano che loro non avrebbero potuto riscattare l’Università e sarebbero andati in pensione a 85 anni per colpa dei genitori con la sindrome da Peter Pan e con i contributi figurativi in tasca.

Le mignotte dicevano che era tutta colpa dei froci, ma questi replicarono seccamente alle lucciole di darlo via anche loro.

Mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti dicevano che loro non potevano fare nulla per la gente che non aderiva alle cosche.

Filosofi, opinionisti, cantanti–filosofi, calciatori ed ex dei reality show dicevano che loro avevano denunciato il problema, ma il pubblico non gli aveva dato lo share che meritavano. Il pubblico replicava loro dicendo che era ora che andassero a lavorare.

I governi venivano nominati e cadevano al primo stormir di foglie, scioperi e proteste si susseguivano con un ritmo incessante, i centri sociali ingrassavano con gli espropri proletari. Gli stipendi dei lavoratori statali venivano ridotti progressivamente, la Borsa di Milano venne infine chiusa e messa in affitto.

Alle soglie dell’inverno s’incominciavano a tagliare gli alberi ovunque per metterli nei camini. L’Italia era passata dal fallimento alla liquidazione, Angela Merkel ci aveva comprato per un marco, pardon, un euro.

Cybergeppetto

p.s. Uno degli ultimi emigrati italiani in America torna a Roma dopo quarant’anni, trova tutto in ordine e pulito, vede alcune persone in fila alla fermata dell’autobus. Stupito, entra in un bar, quieto e ordinato, va alla cassa e ordina un caffè. Colto da un dubbio, chiede: ”Scusi, ma qui siamo a Roma?”. “Ja, mein Herr!”, risponde serafica la cassiera.

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La foto è di Lo Spazio della Politica

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Inchiostro antipatico