“Caro Musa”, scriveva l’agente della CIA che si firmava Steve in piena guerra al terrore.
Con piglio amichevole lo 007 statunitense si rivolgeva al contatto libico per rinsaldare il legame e per comunicare che stava per inviare alcuni suoi agenti a Tripoli al fine di stabilire una delegazione permanente sul territorio.
Il Musa destinatario della lettera sarebbe, a quanto rifersice Peter Bouckaert di Human Rights Watch riportato dalla BBC, Moussa Koussa (foto Telegraph), l’ex capo delle spie di Gheddafi poi diventato ministro degli Esteri.
Il ritrovamento del carteggio intrattenuto tra la Libia e alcune agenzie di intelligence occidentali, quali la CIA e l’MI6, è avvenuto per opera di Human Rights Watch (HRW) che sta lavorando in quelli che erano gli uffici del Colonnello Gheddafi. Ma è una notizia che non sorprende, questa “cosy relationship”, un’intima relazioncina, tra l’agente Steve e Moussa.
Allo stesso modo delle clamorose rivelazioni di Wikileaks, sempre troppo in ritardo per avere rilevanza giornalistica misurabile, ieri sera l’opinione pubblica è stata ufficialmente messa al corrente dei rapporti intessuti in passato tra Gheddafi e le emanazioni dei poteri forti mondiali.
E della letterina che ne è trapelata fanno notizia – questo, piuttosto, sì – lo stile, la confidenza amichevole e il tentativo di disinvolta familiarità.
Steve fa riferimento alla soddisfazione in tema di cooperazione tra paesi. Nel settore intelligence, in quello delle armi di distruzione di massa, nella lotta al terrorismo: “Non vediamo l’ora di lavorare con voi all’interrogatorio del terrorista che vi abbiamo restituito”, scrive Steve.
Ma non sorprende nessuno il contatto privilegiato di Gheddafi con i poteri occidentali. Né trova impreparata la CIA, che nella persona della sua portavoce Jennifer Youngblood esclude di sorprendersi della collaborazione dell’agenzia americana con i governi stranieri: tutto è fatto al fine di proteggere gli Stati Uniti dal terrorismo e da altre gravi minacce.
La Libia in Paola Casoli il Blog
Fonte: BBC