Gen 14, 2011
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Dal kibbutz al trullo-butz

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By Cybergeppetto

“Le nostre masserie sono la cellula intorno alla quale vogliamo creare i kibbutz pugliesi. Il futuro è la terra”. Meno male che quando ho letto questa frase ero seduto, altrimenti avrei anche potuto stramazzare a terra.

Nichi Vendola è un mito, in un momento in cui si è perso il ricordo della collettivizzazione in Unione Sovietica e dell’autogestione socialista nella ex Jugoslavia, incurante della crisi economica che chiede l’efficienza produttiva, arriva lui e ti scopre l’uovo di colombo, una nuova forma di aggregazione che ponga le masse rurali pugliesi in grado di disporre dei mezzi di produzione senza dover dipendere dai “Padroni”.

Ora chi glielo dice a tutti quei pirla che dopo la guerra sono emigrati al nord per fare le auto che la ricreazione è finita?

Chi glielo spiega ai giovinastri anti-Gelmini che possono pure occupare i terreni della masseria di famiglia, basta che abbiano una zappa in mano?

Chi glielo spiega agli agricoltori che hanno abbandonato le fattorie dell’Opera Nazionale Combattenti, che aveva fatto fare quel bastardo del Duce, che sarà bene che facciano quattro nodi agli angoli del fazzoletto per coprire la testa e tornare a lavorare?

Gli operai pugliesi che a Mirafiori si lamentano perché hanno meno tempo per fare pipì saranno sicuramente contenti: all’aria aperta possono produrre liberamente qualsiasi tipo di deiezione senza curarsi del cronometro del “tempista”, quel bastardo servo dei padroni.

Se il lavoro in catena di montaggio è duro, disumanizzante e sottopagato, come sarà quello del trullo-butz?

E’ difficile che le piante d’ulivo crescano azionando il joystick della playstation, i grappoli d’uva difficilmente si staccheranno dai tralci cliccandoci sopra con il mouse.

“La terra è bassa” dice la saggezza popolare: ce lo vedete voi un tronista a novanta gradi che coglie le cime di rapa? Ce la faranno i nostri opinionisti a muovere i pollici per fare le orecchiette? Non è che preferiranno continuare a blaterare senza senso, visto che è più facile?

L’idea del ritorno alla terra in sé mi seduce assai, sono terrone anch’io, anche se quando, peraltro raramente, vado in campagna mi presto solo a compiti di fatica non avendo conoscenze adeguate in campo agronomico.

Bisognerebbe vedere cosa ne pensano i pugliesi, saranno d’accordo? Seguiranno come un sol uomo il nuovo messia, il Pifferaio magico di Terlizzi?

Ricordo d’aver assistito a una Fiera Internazionale dell’Agricoltura in Puglia. Nichi si profuse in raccomandazioni circa l’importanza dell’Agricoltura di qualità, spiegando che non c’erano più soldi per aiuti a pioggia. Alla fine dei discorsi ufficiali, nell’abbandonare la sala sentii un agricoltore che, evidentemente stizzito, diceva: “E i soldi? Non ce ne sono?”

Se il nostro nuovo profeta del futuro bio-collettivizzato vuole meglio esplicitare il suo pensiero, saremo tutti lì ad ascoltarlo. Gli basterà assoldare un esperto di comunicazione che riesca ad esprimere nel suadente linguaggio del marketing la sua idea meravigliosa.

Sarà meglio evitare gli stereotipi tipo: ”ritorno alla terra delle braccia rubate all’agricoltura”, “duro lavoro nei campi”, “sudore della fronte” ecc. ecc., tutta roba reazionaria e di destra.

Cybergeppetto

p.s. alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura in Puglia è stato presentato il nuovo modello organizzativo del trullo-butz pugliese. I visitatori hanno potuto assistere a delle interessanti conferenze nel corso delle quali i commissari politici di ciascun trullo-butz, nominati da Nichi, hanno spiegato come stia partendo un nuovo sogno di democrazia bio-terronica. Il sol dell’avvenire continuerà a sorgere davanti alle coste pugliesi.

Foto: Podere Opera Nazionale Combattenti a Foggia di rete.comuni-italiani.it

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Inchiostro antipatico

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