Non c’è il due senza il tre. Quindi tanto vale che io mi sbagli anche stavolta e che lo faccia subito, altrimenti stasera non avrebbe più alcun senso.
Lo scorso 20 gennaio 2008 – data in cui i serbi si sono recati alle urne per decidere il loro prossimo presidente – ero convinta che a spuntarla sarebbe stato Tomislav Nikolic (SRS, Srpska Radikalna Stranka), che fa le veci del leader Vojislav Seselj attualmente all’Aja per rispondere delle accuse di crimini di guerra. Motivo della mia convinzione: i serbi desidereranno opporre un presidente nazionalista all’irruente indipendentista di Pristina Hashim Thaci, uscito vincitore dalle elezioni in Kosovo del 17 novembre 2007 e appoggiato saldamente da Europa e Stati Uniti.
Niente di fatto in quel primo turno. Così in occasione del ballottaggio del 3 febbraio tra Nikolic e Boris Tadic (DS, Demokratska Stranka) decisi di andare a Belgrado convinta ancora una volta che a spuntarla fosse Nikolic. E questa mia convinzione probabilmente era la stessa di altri giornalisti, visto che con loro condividevo i pochi millimetri cubi di ossigeno che ancora c’erano nella sala meeting della sede dell’SRS a Zemun subito dopo il voto la sera dello spoglio.
Ma quando dopo i primi momenti di vantaggio apparve chiaro che la debole ma continua rimonta della percentuale di voti a favore di Tadic avrebbe visto la disfatta di Nikolic di lì a poco, mi trovai a condividere con gli altri giornalisti la caccia al taxi per andare in centro a Belgrado nella sede dei DS.
Salutavo così la mitteleuropea Zemun, fiero baluardo dell’impero austro-ungarico contro l’avanzata del nemico ottomano in epoca non recente (anche se volendo si potrebbe fare un parallelo), per arrivare il prima possibile nel giro di un aggiornamento di mezzo punto percentuale dai DS a Krunska.
Durante il tragitto ripensavo che forse a vincere era stata la voglia di Europa dei giovani serbi, a lungo frustrati nella loro giovanile voglia di libertà dalla mancanza di un regime adeguato di visti per l’espatrio. E non credo di essere stata troppo lontana dalla giusta interpretazione visto che la palazzina era invasa da giovani e giovanissimi attivisti che danzavano festeggiando la vittoria di Boris Tadic. Dunque mi sbagliavo: la questione Kosovo non doveva impensierire poi così tanto i serbi, anche se il leader dei DS aveva vinto solo per il 50,5%.
La folla che ballava alle marce suonate dalla band di fiati in abito crema (gli stessi che come i giornalisti erano a Zemun e che si sono trasferiti in fretta e furia nel giro di un aggiornamento di mezzo punto percentuale nella sede di Krunska) si spostò rapidamente davanti alla sede dei DS a Terazie, da dove Boris Tadic avrebbe fatto il lungo discorso in favore di un futuro europeo per la Serbia-Kosovo-incluso.
Da lì a quattordici giorni il Kosovo però divenne indipendente con un atto unilaterale di Hashim Thaci a breve riconosciuto dall’Afghanistan in primis e poi da Usa e alcuni stati europei.
Proprio questo oggi mi fa pensare che forse a spuntarla sarà Nikolic. E nel dirlo non penso solo al taxista che andando a Terazie la sera della vittoria di Tadic tamburellava nervosamente le dita sul volante scuotendo la testa e dicendo – lui, trentenne – che no, questi giovani non hanno capito niente. Ma penso anche all’orologio con la faccia di Nikolic appeso dietro al banco di un piccolo supermercato a Gracanica, enclave serba vicino a Pristina. Penso a quello che dicono i serbi del Kosovo, che cioè l’eurosentimentalista Tadic ha ricevuto forti pressioni dall’Occidente per aprire all’Europa e chiudere un occhio sull’ex provincia autonoma. Penso alla strategia europea di firmare l’accordo SAA con Belgrado in quattro e quattr’otto a una settimana dalle elezioni, annullando in un botto le ferme resistenze di Francia, Germania, Gran Bretagna e Olanda che condizionavano il tutto alla consegna da parte della Serbia di Ratko Mladic.
Però anche stavolta potrei sbagliare. Perché l’Unmik ha detto oggi attraverso il suo portavoce che il voto dei serbi in Kosovo non sarà riconosciuto in quanto svolto in contrasto alla risoluzione Onu 1244. Chissà se si intende solo quello per le amministrazioni locali. In ogni caso appare difficile per Nikolic far conto su quei voti, benché sia favoritissimo tra le enclave serbe del Kosovo dove alle cinque del pomeriggio quasi il 42% degli aventi diritto si è recato alle urne in linea sulla media del 43% di tutta la Serbia. Una percentuale che, se messa a tacere dalle Nazioni Unite, potrebbe diventare una serpe covata in seno al nuovo stato indipendente soprattutto in caso di reale vittoria di Nikolic. Ma in questo sì che spero davvero di sbagliarmi.
Fonte: B92, CeSID, Osservatorio Balcani, Rinascita Balcanica, Wikipedia