Mag 2, 2008
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Libano: un anno e mezzo di silenzio su Unifil

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Dall’inizio della missione Unifil nell’agosto 2006 ai media italiani non è stato concesso un solo accredito per intrupparsi con il contingente italiano e documentare le attività dei nostri militari in teatro operativo. Attività per le quali lo stesso contribuente dà sostegno economico e per questo ha diritto a conoscere la destinazione del suo contributo, soprattutto in un teatro operativo che vede impegnato un contingente nazionale di poco inferiore a quello schierato in Kosovo.

In questo modo il comandante francese Alain Pellegrini prima e quello italiano Claudio Graziano poi hanno potuto operare senza troppi ficcanaso in cerca di news, strettamente coordinati con la cellula strategica al dipartimento peacekeeping dell’Onu (ricordate quell’incarico per cui il generale Fabrizio Castagnetti era stato silurato a vantaggio del collega Giovanni Ridinò? Ne avevo scritto su Embedded. All’epoca dell’ufficializzazione della sua candidatura Castagnetti aveva dichiarato al Corriere della Sera che "Una missione sotto il comando dell’Onu crea un sacco di guai.Glielo dirò chiaramente al ministro della Difesa (Arturo Parisi, ndr").

Addirittura, tornando agli accrediti per i media, alla richiesta di eventuale appoggio logistico in Libano veniva risposto che “non ci sono neppure le strutture di accoglienza per i giornalisti”.

Questa era la situazione un annetto fa. Peccato che i grandi network che spesano i grandi inviati non abbiano comunque approfittato delle loro risorse per spedire in teatro giornalisti che documentassero la situazione sul campo. Mi ricordo solo di un servizio importante fatto dalla Rai e poi i miei neuroni si sono mangiati il resto. Qualcos’altro ci sarà pur stato ma di fatto niente di approfondito.

Così ora non c’è proprio da stupirsi se Haarezt e Israele approfittano di questa situazione di ignoranza dell’opinione pubblica italiana per tentare di tirare acqua al loro mulino. A loro di sicuro non sarà sfuggita questa mancanza di informazione, si trattava solo di trovare il momento più conveniente per giocare la carta delle accuse.

C’è sempre la dichiarazione ufficiale dei vertici della missione, per carità, ma se ci fosse stato anche l’appoggio delle cronache fatte dai media italiani sull’attività dei militari in teatro libanese quelle dichiarazioni poggerebbero indiscutibilmente su basi solide. Tanto si sa che ai giornalisti intruppati non esperti del teatro operativo in cui vengono inviati è possibile mostrare solo una faccia della medaglia, nell’eventualità in cui ci sia qualcosa da nascondere.

 

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