pubblicato da Pagine di Difesa il 20 aprile 2006
Network centric warfare. E’ una di quelle locuzioni comparse negli ultimi anni che gli operatori dell’informazione più a contatto con l’ambiente militare devono tradurre per il lettore civile. L’espressione, abbreviata anche come net-centric warfare, viene spiegata dallo stato maggiore della Difesa (Smd) come “dottrina che prevede la gestione delle operazioni militari attraverso l’interconnessione in rete di ogni elemento operativo sino al livello del singolo militare”.
Il chiarimento è inserito in un comunicato stampa di Smd relativo al convegno “Il soldato del futuro” che si è tenuto al Centro alti studi Difesa (Casd) di Roma lo scorso 22 marzo. Nell’incontro, organizzato dalla direzione generale della Sanità militare d’intesa con Smd, si è parlato di questo programma strategico che è sinonimo di sviluppo nel settore Difesa e di ricerca in ambito sanitario militare.
Di net-centric warfare il mondo civile aveva sentito pubblicamente parlare lo scorso anno in occasione dei festeggiamenti per il 144° anniversario dell’Esercito italiano. In quell’occasione – era il 3 maggio 2005 – l’allora capo di stato maggiore dell’Esercito generale Giulio Fraticelli aveva fatto riferimento all’aspetto qualitativo del “nostro esercito”, in cui tecnologia e standard addestrativi e operativi sono sempre più orientati alle dimensioni di multinazionalità e interoperabilità.
“La situazione appare accettabile – sosteneva allora il generale Fraticelli – anche se occorre fare di più nel comando e controllo, soprattutto in quella che oggi viene definita capacità net-centric”. Da quel giorno l’approccio tecnologico della Difesa si è confermato indirizzandosi all’innovazione nel settore combattente e addestrativo. Intanto in ambito sanitario militare si ricorre sempre più alla telemedicina e alle nanotecnologie, con una importante ricaduta sul mondo civile.
Il convegno sul soldato del futuro ha fatto emergere l’importanza della persona: il militare equipaggiato di armi e materiali innovativi è un professionista dal profilo culturale elevato. Motivato, adeguato alla vita militare e al successivo rientro nella vita civile. Questa è la nuova figura di soldato che entrerà a far parte della rete di interconnessione chiamata net-centric warfare.
Al momento per i civili è solo un manichino visto allo Smau o nelle foto pubblicate dalle riviste di settore: tessuti impalpabili ma resistenti per la tuta da combattimento, computer al polso, visori sull’elmetto. Quanto questo soldato simile a un guerriero postmoderno possa restare un uomo ce lo dovrà spiegare il mondo militare. Rimane però la sensazione di una tensione tra questa spinta prometeica alla tecnologia e l’antropocentrismo espresso dai comandanti.
Al mondo civile il comandante appare come un uomo che conosce l’umanità dei propri soldati. Proprio perché ha vissuto esperienze umane. “Il mio affetto è quello di un soldato più anziano che ha vissuto simili esperienze e che ha voluto essere con voi in questo momento particolare” ha detto a Herat, in Afghanistan, il comandante Mauro Del vecchio agli uomini del Comando regionale ovest subito dopo l’attentato al Provincial Reconstruction Team dell’8 aprile 2006.
I civili sono orientati a vedere nei militari gli uomini che condividono esperienze umane estreme più che i tecnologici guerrieri con l’acciaio sotto la pelle. E sarà questa la vera sfida per il mondo militare: spiegare ai civili la misura del rapporto tra il soldato del futuro e l’uomo in valore assoluto.