pubblicato da Pagine di Difesa il 28 giugno 2005
“Prestare attenzione al Kosovo (regione della Serbia-Montenegro amministrata dalle Nazioni Unite dal 1999, ndr) va bene, ma non al punto di trascurare il Montenegro”. Miodrag Vlahovic, ministro degli Esteri montenegrino, si dice convinto che gli Stati Uniti si prenderanno cura della sua repubblica. “Il governo del Montenegro – ha detto a Washington lo scorso 21 giugno nella sede del Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis) – vuole indire un referendum nella primavera del 2006, indipendentemente da quello che starà succedendo in Kosovo in quel periodo. Qualsiasi cosa succeda in Montenegro non avrà ripercussioni in Kosovo”.
Vlahovic ha approfittato del suo viaggio negli Stati Uniti per comunicare la volontà di indipendenza dalla Serbia che sta animando la Repubblica di Montenegro, legata alla Serbia dal 2003 in seguito alla disgregazione della Jugoslavia agli inizi degli anni Novanta. Serbia e Montenegro condividono politica estera e difesa.
Al momento gli Stati Uniti non si sono espressi in merito, ma resta il fatto che la pratica di ingresso in Europa con relativa richiesta di indipendenza e di riconoscimento degli standard raggiunti debba passare dagli Stati Uniti, mentre l’Europa è alle prese con criminali di guerra e film dell’orrore.
Radovan Karadzic e Ratko Mladic risultano introvabili dalla fine del conflitto in Bosnia (1992 – ’95); Slobodan Milosevic è detenuto in una cella di isolamento nel carcere di Scheveningen dal 2001 e chiede una mobilitazione popolare il 28 giugno a Belgrado per la sua liberazione; due filmati proiettati ai primi di giugno nell’aula del Tribunale penale internazionale (Tpi) all’Aja hanno smascherato assassini serbi appartenenti all’unità paramilitare degli Scorpioni.
In più c’è il dilemma Kosovo con i recenti ritrovamenti di fosse comuni con corpi di civili serbi e di altre minoranze a Klina e Malisevo; con il tentativo di riaprire il ponte principale a Kosovska Mitrovica finito in sassaiole tra serbi e albanesi; con la libertà condizionata dell’ex comandante dell’Uck (o Kla, esercito di liberazione del Kosovo) Ramush Haradinaj rilasciato dal Tpi con la certezza che “non costituirà un pericolo per le vittime, i testimoni o le altre persone”.
La Serbia non appare all’opinione pubblica come il partner migliore con cui andare a nozze, anche perché non ha denaro e questo si ripercuote sulle Forze armate. Proprio il comparto in comune con il Montenegro, che si trova a condividere con le Forze armate serbe un budget ristretto: nel 2004 appena la possibilità di mantenere il livello minimo di prontezza militare. In totale 132 milioni di euro per il comparto militare: 124 milioni dal governo serbo e 7 milioni e mezzo dal Montenegro.
I piloti hanno volato 3 ore e 25 minuti in media in tutto il 2004 contro le 80 ore previste di addestramento. Manca il denaro e il carburante in dotazione all’aeronautica è pari a circa l’8% in meno del necessario per rimanere entità operativa. I mezzi in uso risalgono in media a 25 anni fa e l’anno scorso sono stati coinvolti in 274 incidenti che hanno provocato la morte di 5 militari e il ferimento di 80.
“Capiamo i problemi con cui ha a che fare la nostra nazione – ha spiegato il capo di stato maggiore Dragan Paskas lo scorso 3 marzo a proposito della mancanza di denaro nel settore difesa – ma non stiamo chiedendo particolari privilegi, solo il riconoscimento delle nostre necessità”. Questa situazione non consente di mantenere un programma militare funzionante.
La proposta di Podgorica per ora non verrà presa in considerazione dal governo serbo, mentre era già stata ipotizzata da analisi trasversali alla geografia politica dell’area balcanica. Negli ultimi mesi del 2004 e nei primi del 2005 fonti di intelligence occidentali e albanesi avevano delineato un possibile quadro di destabilizzazione dei Balcani suddiviso in quattro passaggi. L’appoggio all’indipendenza del Montenegro figurava tra questi.
Più nel dettaglio era stato individuato l’interesse dell’Albanian National Army (Ana o Aksh in albanese, un gruppo armato blacklisted dal 2003 orientato alla unificazione dei territori abitati dagli albanesi nei Balcani) a supportare l’autonomia della regione albanese in Montenegro, per poi giungere all’indipendenza per il Kosovo e all’unificazione delle terre albanesi. Anche la Macedonia verrebbe coinvolta in questo progetto.
In Montenegro vi sono minoranze rom e croate, mentre la comunità albanese si concentra soprattutto a Tuzi (18 chilometri a sud-est di Podgorica) e Ulcinj (mare Adriatico), oltre che sul confine con il Kosovo intorno a Gusinje. Secondo il presidente della americana International Strategic Studies Association, Gregory Copley, proprio queste aspirazioni di indipendenza potrebbero attivare in Montenegro un movimento islamico che ha come obiettivo un porto sul mare Adriatico per agevolare i traffici illeciti.
A Podgorica, testimonia un profugo kosovaro serbo nel giugno di quest’anno, certe notti scompaiono sei o otto bambini e nessuno tenta più di cercarli. Pezzi di ricambio o schiavitù. Per ogni essere umano di passaggio in Italia il traffico illecito chiedeva cinque anni fa dai 500 ai 1.200 dollari, quando allora i passaggi erano circa 2.750 al mese nonostante le smentite dell’Uck, non estraneo all’Ana e ritenuto dai servizi israeliani beneficiario di finanziamenti da parte di Osama Bin Laden.
Se la richiesta di indipendenza per il Montenegro, come sostiene il ministro Vlahovic, non dovrebbe avere effetti sulla situazione del Kosovo, è invece la stessa situazione della regione amministrata dalle Nazioni Unite a destare qualche preoccupazione per il potenziale disgregante che potrebbe innescare. Il 20 giugno scorso la proposta degli armeni di dare avvio a un periodo di transizione finalizzato all’indipendenza per il Nagorno-Karabakh è stato argomento di un articolo apparso su”Zerkalo”, periodico di Baku, e intitolato Il Karabakh diventerà Kosovo? con riferimento alle istanze albanesi.